Liguria. Banca del territorio? Forse non più, almeno stando all’andamento dell’aumento di capitale. Ora, con il procedimento di cessione dei diritti di opzione, si sta modificando l’assetto dei suoi azionisti: infatti, la stragrande maggioranza dei suoi piccoli investitori erano liguri e genovesi, circa il 70%.
Con la chiusura del termine, per i soci, per esercitare i propri di diritti di opzione sulle nuove azioni che saranno emesse per arrivare all’aumento di capitale di 560 milioni (di cui 60 a servizio della conversione in obbligazioni), si è chiarito che di fatto tutti i diritti sono stati ceduti.
La parabola discendente seguita da opzioni e diritti nelle ultime sedute ha praticamente azzerato il valore del capitale pre-aumento: i circa 830 milioni di azioni e diritti che erano in mano ai vecchi soci valgono oggi meno di 9 milioni di euro. L’ultima seduta di trattazione dei diritti si è chiusa con una serie di scambi vorticosi con oltre 1 miliardo di pezzi passati di mano (il 120% dei titoli) mentre il valore dei diritti si è approssimato a zero (-0,70% a 0,0012 euro). Ad acquistare i diritti sono stati soprattutto fondi di investimento.
Questo significa che chi sottoscriverà l’aumento, a parte i grandi azionisti e lo stesso ad Fiorentino (come ha sottolineato più volte), non saranno i soci storici della banca, quegli uomini e donne, in gran parte genovesi e liguri, che per secoli l’hanno supportata.
Intanto anche le azioni (-0,99% a 1 centesimo) si sono allineate al prezzo di sottoscrizione dei nuovi titoli. A questo punto la banca vale i 500 milioni di euro che verranno iniettati. Nel caso in cui l’aumento vada a buon fine.
Ieri, sull’aumento di Carige, l’intervento di Consob. Il presidente Giuseppe Vegas ha risposto in un’audizione alla Camera alle questioni presentate dai piccoli azionisti e ha affermato che “con il modello di rolling, ovvero il pagamento a due giorni, ha consentito di agevolare la partecipazione e non ci sarebbero stati problemi di vendita”.