Lettera al direttore

Lettera

I vaccini: bufale e tuttologi ci confondono

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Savona. Una mia amica ha scritto in un post (http://senzafine.zacem-online.org/#post598) che, negli anni 50-70, le vaccinazioni si facevano volentieri anche se, presumibilmente, saranno state meno avanzate e più forti di quelle di oggi. Anzi, le ha definite “misure da cavallo”.
A quei tempi, si avevano ancora negli occhi, anche qui in Occidente, le persone morte o divenute disabili (allora si diceva paralizzate) causa malattie che oggi neppure ricordiamo più.

Quando ero piccola, mia madre andava a trovare, portandomi con lei, un’ex segretaria di mio padre che era stata colpita, molto giovane, dalla poliomelite e non si muoveva più dal letto. L’unica cosa che poteva fare erano dei centrini all’uncinetto che poi ci regalava. Infine, non eravamo più andati a trovarla perché era morta.

Allora circolavano anche, come libri di lettura per ragazzi delle elementari e medie, testi sui grandi studiosi scopritori dei vaccini come Edward Jenner, Robert Koch, Louis Pasteur, Albert Sabin e molti altri. Erano storie meravigliose, forse un po’ romantiche, che facevano capire quanto l’uomo sia capace, con la sua intelligenza, di salvare le vite degli altri uomini.

Tutto ciò è molto lontano da noi ora perché le vaccinazioni hanno impedito che noi vedessimo i malati di patologie tanto severe.
Per capire, però, basta andare in Africa, dove i bimbi muoiono ancora di fame o di quelle malattie perché non hanno abbastanza denaro per avere i vaccini.

Ogni anno, mentre tre milioni di bambini vengono salvati dal vaccino, due milioni muoiono per malattie debellabili con il vaccino stesso.
Mi ha molto colpita la vicenda di un’infermiera di Treviso che pare fingesse di vaccinare i bambini (circa 500) ma gettava via la fialetta del medicinale, ancora non si sa per quale motivo. Lo trovo un fatto di estrema gravità. Un genitore pensa che il proprio figlio non sia a rischio, oppure quel bimbo stesso, da adulto, potrebbe, in viaggio magari, esporsi al contagio, credendo di essere salvaguardato.

Ogni tanto, mi sembra, si sentano storie sul personale sanitario che ne mettano in dubbio l’equilibrio mentale!
Ma, soprattutto, viviamo in tempi di bufale e di tuttologi: ognuno dice la sua come se fosse uno specialista.
Per quello che riguarda il tumore del collo dell’utero, causato dal papilloma virus, di cui si discute tanto accanitamente, sappiamo che il rischio è molto più frequente nelle donne che cambiano più partner, fatto ormai assolutamente comune, proprio perché un partner potrebbe essere infetto.
In Italia, vengono annualmente diagnosticati oltre 3.000 nuovi casi di cancro al collo dell’utero, di cui il 40-50% si rivela mortale.
Forse, a chi ha un po’ di esperienza di vita, è capitato di vedere un’amica morire ancora giovane, dopo tanta sofferenza, per questa terribile malattia.

Ben venga un vaccino che ci salvi la vita.

E ben venga un ministro che, finalmente, si sia preso delle responsabilità, magari impopolari e abbia rimesso i vaccini obbligatori. Così come è obbligatoria la scuola, la carta d’identità e tutte quelle pratiche che contraddistinguono il vivere civile in società.

Infine, l’obiezione più comune ai vaccini è che le case farmaceutiche ci guadagnano.
Purtroppo, sappiamo che le case farmaceutiche si impegnano nella ricerca scientifica quando sanno che potranno commercializzare un prodotto in grande quantità. Prova ne sono le malattie rare per le quali, essendoci poi una clientela ristretta, è lo stato e le associazioni a tema che si devono impegnare.

È brutto pensare che tutto sia commercio, lo so.
Eppure, io utilizzo un notissimo medicinale quando mi viene il raffreddore o l’influenza. Dovrei, forse, smettere di usarlo perché la multinazionale che lo produce ci guadagna? Io penserei piuttosto –invece di sacrificare me e la mia salute- di far loro pagare tasse salate (non come si fa ora che chi ha profitti multimilionari o addirittura miliardari “concorda” poi con lo stato solo una minima parte del dovuto!).

Renata Rusca Zargar

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