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Massimo D’Alema porta il suo ConSenso a Savona: “Pronto a denunciare Paita per diffamazione” fotogallery

Incontro in una Sala Rossa gremita: critiche durissime a Renzi e Paita, "la responsabilità di aver regalato la Regione alla destra è sua"

Savona. “Sono pronto a denunciare Raffaella Paita per diffamazione, se le sue affermazioni venissero confermate”. Così un Massimo D’Alema di nuovo in pista ha risposto a Savona alle critiche mossegli nel pomeriggio dalla capogruppo del Partito democratico nel Consiglio regionale ligure: solo una delle molte frecciate, locali e nazionali, all’establishment renziano del Pd e solo la più eclatante delle dichiarazioni della serata in Sala rossa.

Un Massimo D’Alema a tutto campo ha tenuto banco a Savona per oltre novanta minuti, lanciando così il suo nuovo movimento politico ConSenso, nato in rottura con le politiche del Partito democratico renziano. Più di centoventi i presenti, con la Sala Rossa del comune savonese gremita e le sedie ormai esaurite.

L’intervista a D’Alema è stata gestita dal giornalista Gilberto Volpara che, dopo l’introduzione di Maria Gabriella Branca a nome del Comitato per la democrazia costituzionale, ha portato il leader politico a spaziare. La serata si è concentrata soprattutto sull’attacco alle politiche renziane e sulla costruzione delle prospettive future per una nuova stagione del centrosinistra. Un leader politico che si definisce “seconda fila”, giunto lì per “seguire i giovani del suo partito”, lanciando anche un paragone con Bernie Sanders, guida della sinistra democratica Usa.

Milioni di elettori se ne sono andati dal Pd: solo in Liguria ha perso il 60% del suo bacino. La scissione non la facciamo noi, ma c’è già stata ed è quella tra il Partito democratico e i suoi elettori”: così D’Alema ha dato fuoco alle polveri, ricevendo il caldo applauso dei presenti. “Io non me ne sono andato, ma vado a inseguire i miei elettori” ha poi sottolineato, chiarendo la linea, per la quale tratteggia un risultato elettorale al 15%.

Da lì c’è stata la critica alla linea politica e gestionale di Matteo Renzi e del suo partito, che “ha violato i valori del Pd e lo ha svuotato delle sue ragioni fondative” che erano da cercarsi “nella difesa del lavoro, non nei voucher“. In questo contesto ha sottolineato l’impossibilità della partecipazione alle primarie e al congresso, “che sarà uno scontro violentissimo, anche fino alle carte bollate”. Ha confermato di provare rispetto per chi rimane “per cercare di cambiare il Pd dall’interno, ma questa non è la mia visione: il Pd ormai è solo un coacervo di gruppi di potere e non più un partito popolare“.

Proprio sulle primarie non si è risparmiato sulla Liguria: in risposta alle critiche arrivate da Raffaella Paita nel pomeriggio (“D’Alema ci ha rubato i sogni per 20 anni, ogni volta che il centrosinistra ha fallito c’era il suo zampino. Ormai è diventato il mito dei 5 Stelle e della destra”), ha prima sottolineato che proprio lei “porta la principale responsabilità di aver regalato la regione alle destra“, prima di lambire la possibilità di una “denuncia per diffamazione, qualora le sue dichiarazioni fossero confermate”.

Dall’ala renziana del partito D’Alema ricorda di “aver ricevuto solo insulti, un trattamento da non riservarsi nemmeno ai rivali politici”: una condanna senza mezzi termini dello “stile che il renzismo ha portato nel Pd, uno stile squadrista“.

Massimo D’Alema ha anche toccato il tema delle alleanze, guardando a Pisapia: “spero che il suo movimento possa confluire con il nostro”. Non rifiuta però l’idea di trattare con il Pd, “se sarà disposto a un dibattito serio sui contenuti e suoi programmi”, ma anche sui valori, elementi centrali di ogni alleanza nel D’Alema-pensiero. Il suo no secco, però, è a ogni “logica del campo”, come si è visto nel campo renziano.

Subito dopo ha delineato le linee della sua proposta, tornando a parlare di investimenti pubblici per il rilancio dell’economia e della triade “democrazia/lavoro/popolo” per riaccendere la partecipazione giovanile in politica. Tutta la sua proposta è fondata sulla contestazione delle linee renziane, dal Jobs act alla Buona scuola: “cosa ci rimane del governo Renzi? Una riforma costituzionale bocciata dal popolo, una legge elettorale bocciata dalla Consulta, una riforma della scuola bocciata dalla scuola stessa e una riforma del lavoro bocciata dai fatti e, se ci sarà il referendu, presto bocciata anche dai cittadini”.

Al termine dell’intervista è intervenuto anche Gianni Pastorino, consigliere regionale di Rete a sinistra, che ha sottolineato l’importanza di ricette alternative al neoliberismo renziano, per un ritorno a posizione serie della sinistra.

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