In aula

Processo “Cairo Salute”, prime “scintille” in aula: il procedimento disciplinare dell’Asl decaduto per errori procedurali

A giudizio per truffa ci sono otto medici: secondo la Procura i dottori lavoravano quattro giorni alla settimana e non cinque e il raggiro avrebbe procurato un danno da 400 mil euro

Procura Savona

Savona. Un’udienza affollata e dai toni piuttosto “caldi”. Non ci ha messo molto ad entrare nel vivo il processo per l’inchiesta relativa a “Cairo Salute”, che vede a giudizio otto medici della struttura Amatore Morando, Marcello Cadei, Giovanni Perdonò, Benvenuto Serafini, Donatella Botta, Roberto Rodino, Marcella Calleri Di Sala e Laila Marino, con l’accusa di concorso in truffa aggravata ai danni dello Stato.

La tesi del pm Daniela Pischetola, che ha coordinato l’indagine, è che gli otto dottori, approfittando della struttura di medicina di gruppo, avessero organizzato i loro turni per lavorare quattro giorni alla settimana anziché cinque come previsto dalla convenzione stipulata con l’Asl 2 Savonese.

Accusa che stamattina è stata rimarcata anche nel corso della lunga deposizione dell’ufficiale di polizia giudiziaria Corrado Cirio che si è occupato dell’indagine. Il testimone del pm ha precisato come si è svolta l’attività investigativa e come si è arrivati a formulare l’accusa contro i medici.

Già questa mattina è emersa la strategia difensiva dei legali degli imputati che hanno contestato la tesi degli inquirenti, ma soprattutto hanno fatto leva sul fatto che l’Asl
2 Savonese, parte civile nel processo, fosse a conoscenza del fatto che ogni singolo medico fosse nella struttura di gruppo per quattro giorni alla settimana (come previsto nei “patti parasociali”) e che l’avesse anche avvallata. Circostanza smentita nel corso dell’indagine dai vertici dell’azienda sanitaria che erano stati ascoltati dal pm che avevo negato di aver ricevuto i patti parasociali e di aver autorizzato deroghe rispetto alla convenzione sulla medicina associativa.

Questo sarà probabilmente uno dei punti su cui ruoterà il dibattimento: se venisse dimostrato che l’Asl fosse a conoscenza della prassi (senza entrare nel merito della correttezza o meno della procedura), secondo le difese cadrebbero infatti i presupposti per contestare la truffa.

In aula è emerso anche un particolare circa il procedimento disciplinare che l’Asl 2 Savonese, dopo l’inchiesta aperta dalla Procura, aveva avviato contro i medici. “So che l’Asl era intenzionata a procedere sotto il profilo disciplinare e infatti il procedimento era partito, ma per errori sui temini è decaduto” ha spiegato Cirio in aula. In sostanza il procedimento disciplinare a carico dei medici non si è nemmeno aperto perché, a causa dell’errore procedurale commesso dall’Asl 2, il Collegio Arbitrale presso la Regione ha accolto l’eccezione presentata dal collegio difensivo e lo ha chiuso.

Una circostanza sulla quale il gip Fiorenza Giorgi, nel decreto che dispone giudizio, non nasconde qualche evidente perplessità: “L’Asl 2 ha avviato un procedimento disciplinare con un ritardo che la scrivente non può non definire sospetto”. Nel caso in cui il Collegio Arbitrale fosse entrato nel merito della vicenda, se il procedimento di fosse concluso sfavorevolmente, i medici rischiavano sanzioni anche pecuniarie.

Secondo la tesi della Procura, Morando e i suoi soci garantivano sempre ai pazienti la presenza di un medico, ma senza la continuità nel servizio. In alcuni casi, sempre per pm, quando uno dei medici era assente non lo comunicava alla Asl per farsi sostituire (come previsto dalla normativa), ma contava sulla presenza di uno dei colleghi all’interno della struttura Cairo Salute. In particolare la tesi degli inquirenti è che i medici non lavorassero nel giorno destinato alle visite su appuntamento: dagli accertamenti sarebbe emerso che non esisteva nemmeno un registro con le prenotazioni.

Così facendo si sarebbe concretizzata la truffa che, secondo i conteggi effettuati dagli inquirenti, avrebbe procurato all’Asl 2 Savonese un danno da 400 mila euro sulla base delle prestazioni non effettuate e della medicina di gruppo.

Accuse che, quando erano scattate le perquisizioni all’interno della struttura, il coordinatore e presidente del cda di Cairo Salute aveva respinto. Due degli imputati, i dottori Morando e Marino, hanno precisato di non aver mai saltato nessun giorno di lavoro: come hanno sostenuto i loro legali i medici avrebbero infatti ricevuto i pazienti una volta a settimana nel loro studio “secondario”. Insomma i giorni di lavoro sarebbero stati cinque, dei quali quattro all’interno di Cairo Salute e il quinto in un altro studio (tanto che a loro la Procura non contesta di non aver raggiunto il monte di ore, quindici, previsto per ogni settimana di servizio).

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