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Operazione “Nozze d’Oro”, una pubblicazione “doppia” ha tradito gli organizzatori dei finti matrimoni fotogallery

Cinque persone sono finite in carcere, dieci agli arresti domiciliari, mentre 13 sono state denunciate a piede libero: il matrimonio fasullo costava dai 10 ai 12 mila euro

Provincia. Due pubblicazioni di matrimonio al Comune di Savona nell’arco di poco tempo con il nome della stessa sposa, ma con un futuro marito diverso. È stato questo errore a “tradire” l’organizzazione che aveva messo in piedi un giro di matrimoni finti finalizzato a far ottenere il permesso di soggiorno permanente per ricongiungimento famigliare ad alcuni cittadini extracomunitari di origine tunisina, marocchina, algerina ed egiziana.

I carabinieri, impegnati nella normale attività di controllo delle pubblicazioni nei comuni della Provincia, si sono accorti dell’incongruenza e si sono insospettiti. Così è iniziata l’operazione “Nozze d’Oro”, conclusasi all’alba di oggi con un blitz scattato alle 4.30 del mattino che è sfociato nell’esecuzione di quindici misure di custodia cautelare (firmate dal gip Francesco Meloni), di cui cinque in carcere per gli organizzatori, e dieci agli arresti domiciliari per le spose. Tredici invece le persone denunciate a piede libero (tra cui nove sposi), mentre sono state nove le perquisizioni e sei le acquisizioni di documenti in diversi Comuni.

L’operazione ha impegnato circa 130 militari tra cui anche il Nucleo Elicotteristi, che ha fornito il supporto d’alto, e quello cinofili di Villanova d’Albenga. Gli uomini dell’Arma sono entrati in azione in contemporanea in diverse località della provincia (Savona, Varazze, Vado, Dego, Altare, Carcare, Albenga, Borghetto) ma anche fuori regione (Mirandola in provincia di Modena, Varese, Casale Monferrato e una località in provincia di Cosenza).

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In carcere sono finiti Said Assouli, 46 anni, Hamid Tarik, 36 anni, Hatim Elasraoui, 35, Khadija Nasser, di 48, titolare di un’agenzia d’affari di Albenga che è finita sotto sequestro, e Luigi Accattatis, 51 anni (che, oltre a far parte dell’organizzazione, si è anche prestato a sposare, ovviamente per finta, una donna marocchina). Ai domiciliari sono finite invece le spose, tutte italiane, tranne una con cittadinanza italiana, ma di origini polacche: Manuela Ventimiglia, 43 anni di Savona (madre di una delle spose); Katia Grippa, 32, Savona; Eliana Pizzorno, 53, Savona; Gabriela Ewa Dlugosz, 28, Varazze; Marzia Siragusa, 46, Savona; Samuela Pesce, 28, Savona; Jennifer Maletta, 20, Savona; Debora Borrelli, 30, Cairo Montenotte; Giuseppina Ciceri, 28, Casale Monferrato; Lara Punta, 46, Savona.

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Per tutti le accuse sono a vario titolo, ed in concorso, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso per induzione. L’indagine è stata portata avanti negli ultimi dodici mesi dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Savona agli ordini del comandante provinciale Dionisio De Masi, del colonnello del reparto operativo Alessandro Ciuffolini e del capitano Alberto Azara, con il coordinamento del sostituto procuratore Giovanni Battista Ferro.

I primi matrimoni “sospetti” sono stati monitorati in estate, mentre l’ultimo è stato celebrato a dicembre, ma l’organizzazione aveva già in programma una nuova unione fasulla per il prossimo 13 gennaio (le pubblicazioni erano già uscite in Comune). Secondo quanto accertato dai militari, il prezzo da pagare per sposarsi ed ottenere quindi il permesso di soggiorno permanente (che veniva poi rilasciato nel giro di pochi mesi il matrimonio) era tra i 10 e i 12 mila euro: metà andavano alla sposa, mille ai testimoni, mentre il resto dell’importo restava alle “menti” dell’organizzazione.

Nell’indagine è stato appurato che nessuno degli ufficiali di stato civile aveva alcuna responsabilità o coinvolgimento nell’attività illecita: i  matrimoni erano così ben organizzati, con tanto di abiti da cerimonia, bouquet, testimoni e parenti in festa, che nessuno poteva immaginare che si trattasse di una messa in scena. Invece i carabinieri hanno scoperto che dopo la cerimonia le strade degli sposi si dividevano e non si consumava nessuna convivenza: tanto che quando uno dei mariti ha cercato di mettersi in contatto con la “moglie” per chiedere informazioni sul pagamento ancora da saldare è stato addirittura “rimproverato” da uno dei cinque arrestati.

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Le menti del business erano tutte persone ben inserite nel contesto sociale, tutti residenti da tempo in Italia e con regolari permessi di soggiorno, tanto che il nome di Khadija Nasser era addirittura nella lista degli interpreti della Procura della Repubblica. Proprio lei, attraverso la sua agenzia di viaggi di Albenga (finita sotto sequestro stamattina nel corso dell’operazione) forniva il supporto logistico per i viaggi dei futuri sposi verso l’Italia.

Uno degli aspetti sul quale gli investigatori stanno cercando di fare luce è la provenienza del denaro con cui i cittadini extracomunitari saldavano il conto del loro matrimonio: trattandosi di importi abbastanza ingenti i carabinieri vogliono capire dove gli immigrati si procuravano quelle cifre.

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