Albenga. “…Mi sento un po come Ulisse – avevo detto Tommy con una battuta -, finalmente dopo cinque anni da incubo sono ritornato a casa, nella mia Itaca – Albenga”. Ormai sono passati quasi due anni da quando Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni sono tornati in libertà dopo aver trascorso cinque anni nel carcere di Varanasi in India con la pesante accusa di aver ucciso il loro compagno di viaggio Francesco Montis. Per loro una vera e propria odissea, umana e giudiziaria, conclusa con un lieto fine dopo tante lotte e battaglie sulla difficile rotta tra Italia e India. Era infatti il gennaio del 2015 quando i giudici della Corte Suprema indiana ha annullato l’ergastolo cui erano stati condannati, in primo e secondo grado.
Ora l’atteso film sulla storia di Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni è pronto, “Più libero di prima”: un documentario con la regia di Adriano Sforzi che racconta la storia dei ragazzi reclusi in India, basato su lettere e riflessioni che Tomaso ha scritto in carcere. Sulla pagina Facebook la pubblicazione della locandina del film e l’annuncio che si comunicherà a breve le date della proiezione del film, ormai completato in ogni suo dettaglio di produzione.
“E’ un film sulla capacità di affrontare l’imprevedibilità della vita, a volte ingiusta e inesorabile, che può toccare chiunque – racconta Sforzi – È il “romanzo di formazione” di un giovane occidentale, in cerca di se stesso, capace di avere un’evoluzione positiva nonostante la reclusione in una cella da quattro anni. Ma questo è anche la storia universale dell’amore di due genitori, Euro e Marina, che ci daranno la possibilità di chiederci quanta fede abbiamo e fino a che punto crediamo davvero nelle persone che amiamo: cosa siamo davvero disposti a fare, per la loro libertà?”.
Ecco l’immagine di Tommy per il regista del film: “Lo conosco fin da bambino, quando giocava nel campetto da calcio dell’oratorio e io, poco più grande, gli facevo da “allenatore” – racconta – I percorsi della vita ci hanno fatto incontrare molti anni dopo a Bologna dove, sotto le stelle di Piazza Maggiore, parlavamo tutta la notte cercando il modo di uscire dagli schemi preconfezionati della nostra vita. Incredulo come tutti, non sapevo come partecipare alla rabbia per la sua incarcerazione. Poi, come tutti, leggendo le sue lettere ho avuto la possibilità di reagire: lì dentro ho trovato il cuore e la forza di fare questo film. In quelle parole scritte a mano, in quattro anni e mezzo trascorsi dietro le sbarre, c’è il meraviglioso romanzo di formazione di un ragazzo che diventa uomo. C’è un urlo di innocenza che risuona nella testa di chiunque le legga, c’è un significato universale di libertà. Avevamo la speranza di chiudere il film riportando a casa Tomaso. Ci siamo riusciti”.