Operazione lupin

Truffa della vendita delle case alle Canarie: Galassi condannato a 5 anni e 4 mesi fotogallery video

Il Collegio lo ha condannato anche a versare un maxi risarcimento complessivo da 982 milioni alle parti civili

Albenga. Cinque anni e quattro mesi di reclusione con il rito abbreviato. E’ la condanna inflitta questa mattina ad Emanuele Galassi, l’imprenditore bolognese finito nei guai nell’ambito dell’operazione “Lupin” che aveva scoperto un giro di truffe milionarie legato alla vendita di case alle Canarie.

Galassi è stato condannato per le accuse di associazione per delinquere e truffa, mentre è stato assolto (“perché il fatto non sussiste e perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato”) dq quelli di sostituzione di persona e falso. Al termine della requisitoria il pm Giovanni Battista Ferro aveva chiesto una condanna a otto anni di reclusione, mentre il difensore di Galassi, l’avvocato Luca Morelli, aveva chiesto la concessione delle attenuanti generiche (perché l’imputato aveva ammesso l’addebito e aveva manifestato volontà risarcitoria verso le parti offese), ma anche l’assoluzione dall’accusa di associazione per delinquere.

I legali delle parti civili (gli avvocati Michele Grigenti, Marco Ballabio e Laura Comparetto) avevano chiesto invece un risarcimento del danno nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro per ogni vittima. Risarcimento che il collegio del tribunale ha riconosciuto condannando Galassi al pagamento di risarcimenti verso le parti civili di 210 mila euro, 520 mila, 26 mila, 200 mila e 26 mila (per un totale di 982 milioni). Per conoscere i motivi della sentenza bisognerà attendere 90 giorni.

Galassi era finito in manette insieme ad un romano, Massimiliano Madonia, agente immobiliare dell’agenzia spagnola “Lupain Properties” (società che però è estranea al maxi raggiro), che ha già patteggiato nei mesi scorsi definendo la sua posizione.

Secondo quanto accertato dai carabinieri del Nucleo Operativo inguano, Madonia, di nascosto dalla sua agenzia, intercettava tra i clienti interessati a vendere gli immobili di loro proprietà a Tenerife quelli più anziani, considerati più “vulnerabili”, e li dirottava su Galassi, che a quel punto inscenava una “trattativa” proponendo ai clienti affari estremamente vantaggiosi.

Una volta perfezionata la “vendita”, che in realtà era fittizia, i presunti agenti immobiliari inventavano un ostacolo di tipo burocratico (indagini della Corte Suprema, fallimenti o cause di altro genere) che impediva di ricevere il capitale dall’istituto che in quel momento era in possesso del denaro, spiegando all vittime che per sbloccarlo era necessario pagare alcune somme di denaro.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i truffatori utilizzavano numerose utenze telefoniche “dedicate” attraverso le quali contattavano le vittime fingendosi interpreti, funzionari dell’Ambasciata, commercialisti, avvocati o amministratori di grandi multinazionali (clicca qui per sentire le intercettazioni). E le richieste di soldi erano ovviamente supportate da documenti falsi: gli ideatori del sistema truffaldino prendevano stemmi e loghi delle Canarie dal web e producevano i carteggi tarocchi. In molti casi con una certa fantasia: le immagini dei giudici della Corte Suprema erano prese dal Daily Mail, mentre nome e firma dell'”avvocato Billy Pontoni” erano in realtà quelli di un celebre cantante folk colombiano (su uno dei suoi cd campeggia appunto la sua firma). Anche i nomi sotto cui Galassi conduceva le trattative erano vari: non solo il citato Billy Pontoni, ma anche Rudolph Cabral, avvocato Pietro Giglio, Marco Lippmann, Giacomo De Angelis o Dr. Madera.

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Le persone che vantavano un credito fittizio per la vendita mai avvenuta, spesso per un valore superiore a quello di mercato, cominciavano così a sborsare ingenti somme per ottenere il capitale promesso. Secondo quanto accertato dai militari, la truffa ha fruttato più di 2 milioni di euro, e più di 15.000 euro al mese. Molte delle vittime, spesso anziani che agivano all’insaputa dei familiari, però avrebbero fornito agli inquirenti cifre più basse di quelle reali nel timore di essere “rimproverati” per la loro ingenuità.

Nel corso dell’indagine, che è stata portata avanti dai carabinieri di Albenga perché la prima denuncia è stata presentata da una vittima savonese, gli investigatori sono incappati in alcuni casi al limite del tragico: su tutte probabilmente quello di un imprenditore di Loano, che per far fronte alle continue richieste di denaro (ha inviato in totale 800.000 euro, inseguendo supportate dal sogno di un guadagno milionario) è arrivato a far fallire la propria azienda e a vendere la casa in cui viveva con l’anziana moglie, la sorella ed il cognato, cadendo in uno stato di povertà tale da dover essere accolto dalla Caritas e costretto a vivere in un camper. E lo stesso sacerdote che l’ha accolto è caduto vittima a sua volta della truffa, prima per aiutare l’anziano e poi nella speranza di trarre guadagno, sborsando in totale 140.000 euro. Mentre i truffatori, ironia della sorte, vivevano a Tenerife in un complesso residenziale con piscina il cui affitto era pagato proprio dalle vittime.

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L’operazione “Lupin” è durata poco più di un anno e i militari, insieme al titolare delle indagini Giovanni Battista Ferro, avevano effettuato anche una perquisizione in Spagna durante la quale sono stati sequestrati computer e diversi documenti. Soltanto in uno dei pc sequestrati ci sono 1200 email da sviluppare ed esaminare per confermare quanto già risulta dai trasferimenti di denaro.

 

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