L'interrogatorio

Case squillo in via Nizza e via Ponchielli, “Yulisa” e “Tamara” si difendono dal pm fotogallery

Le due donne restano agli arresti domiciliari, ma negano di aver sfruttato altre donne

Savona. Sono state interrogate questa mattina dal pm Chiara Venturi le due sorelle colombiane, A.E.L., 45 anni, e A.E.R., di 41, finite in manette il mese scorso nell’ambito di un’operazione dei carabinieri del Nucleo Investigativo che aveva permesso di scoprire l’esistenza di due case d’appuntamenti a Savona: una in via Ponchielli e una in via Nizza.

Le donne, assistite dagli avvocati Paolo Nolasco e Fabio Bruno Celentano, dopo aver fatto scena muta davanti al gip, nei giorni scorsi avevano chiesto di essere ascoltate dal pubblico ministero. A.E.L. e A.E.R., che sono sempre agli arresti domiciliari, sono accusate di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Secondo i carabinieri, infatti, nei due alloggi lavoravano anche altre signore tra i 30 e i 51 anni, tutte molto belle e avvenenti, che pagavano un affitto alle sorelle. Si parla di cifre dai 30 ai 50 euro al giorni che venivano incassati dalle “gestrici” che poi trasferivano il denaro in Colombia attraverso il sistema Money Transfer.

Accuse dalle quali, questa mattina, le due donne si sono difese negando categoricamente di aver mai sfruttato altre donne. Secondo gli inquirenti, A.E.L. e A.E.R., che lavoravano con il nome d’arte di “Yulisa” e “Tamara”, si occupavano della parte “logistica” dell’attività: pensavano al contratto d’affitto, al pagamento delle bollette, ma anche alla “pubblicità” delle case squillo (facevano pubblicare annunci sui giornali e sulle bacheche di incontri). In ogni appartamento c’erano sempre almeno due prostitute e una delle gestrici, che si prostituiva a sua volta.

L’accusa principale verso le due arrestate, più che lo sfruttamento, è il favoreggiamento della prostituzione: dagli accertamenti investigativi infatti non sono emersi comportamenti violenti verso le squillo da parte di A.E.L. e A.E.R., che si limitavano a mettere a disposizione gli alloggi e a ritirare i soldi per l’affitto (le cui tariffe erano relativamente “basse”).

Quanto alla clientela, come accertato con le attività di monitoraggio degli uomini dell’Arma, era davvero numerosa e variegata: nelle case squillo, dalle 8 di mattina a mezzanotte, si presentavano uomini di ogni tipo, dallo studente all’operaio, ma anche volti “insospettabili”, tra cui professionisti ed anche esponenti di istituzioni pubbliche e private. Alcuni erano clienti abituali tanto che frequentavano gli appartamenti anche una volta a settimana.

Il giro d’affari era davvero imponente: i carabinieri hanno monitorato anche 60 appuntamenti al giorno per ogni alloggio, per un incasso che andava dai 50 ai 70 euro a prestazione, quindi con guadagni giornalieri che arrivavano anche a seimila euro.

Le indagini, coordinate dal pm Chiara Venturi, erano iniziate nel gennaio del 2016 dopo la segnalazione di alcuni residenti che avevano iniziato a notare uno strano via vai di uomini, a qualsiasi ora, nel portone del loro palazzo.

A quel punto erano iniziati gli appostamenti dei carabinieri in via Ponchielli che avevano permesso di individuare il primo degli appartamenti dove avvenivano gli incontri a luci rosse. Monitorando le due sorelle colombiane era stato poi individuato anche il secondo alloggio in via Nizza. Con il passare delle settimane i carabinieri avevano raccolto elementi sempre più inequivocabili che avevano poi portato il pm Venturi a chiedere l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Maurizio Picozzi ed eseguita ad ottobre.

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