Loano. Utilizzare il gettone di presenza dei consiglieri comunali della passata amministrazione per acquistare un gioco o una giostra per i bambini diversamente abili. E’ questa la proposta che arriva dal gruppo delle “Mamme Attive” di Loano, da sempre particolarmente sensibili circa le tematiche del decoro e dell’accessibilità dei parchi pubblici loanesi.
La proposta delle mamme è semplice: “L’attuale amministrazione – dicono – dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di utilizzare i gettoni di presenza a cui hanno rinunciato i consiglieri comunali della passata legislatura per l’acquisto di un bene dedicato ai bambini affetti da disabilità da porre all’interno di uno dei parchi-gioco. Inoltre, l’amministrazione potrebbe anche considerare l’ipotesi di acquistare un nuovo gioco in sostituzione di quello danneggiato all’interno del parco Don Leone Grossi”.
Le mamme ci tengono a sottolineare che “le richieste non sono di oggi ma sono state già presentate ufficialmente tramite lettera e durante un colloquio con i responsabili degli uffici comunali”.
La proposta delle “Mamme Attive” si inserisce nell’ambito della querelle, tuttora in corso, iniziata nel 2013, quando i consiglieri del Gruppo Misto (Pd) Giulia Tassara e Roberto Franco avevano proposto a tutti i loro colleghi di rinunciare al gettone di presenza, in modo tale da creare un fondo e “avere a disposizione un budget che possa essere investito in un progetto condiviso in consiglio e realizzato sul territorio”.
La proposta era stata raccolta solo dai consiglieri della lista civica “è Tempo” Dino Sandre, Lorenzo Gotti e Betti Garassini e dai consiglieri di maggioranza Francesca Galati e Agostino Delfino. Gli esponenti della maggioranza, invece, avevano preferito adottare un’altra soluzione (peraltro già portata avanti già prima della proposta del Pd) e cioè quella di destinare una quota dei loro compensi ad associazioni di volontariato o di beneficenza del territorio.
Questa relativa differenza di vedute aveva scatenato una querelle che, a distanza di tre anni, va avanti ancora oggi: i duemila euro di fondi risparmiati, infatti, non hanno ancora trovato un utilizzo concreto nonostante le diverse proposte avanzate nel corso degli anni.