La verità

I lavoratori di Tirreno Power tornano a offrirsi come cavie: “Bisogna fare luce sulla verità”

Dopo la proposta lanciata ad aprile, questa mattina i lavoratori hanno ribadito la loro disponibilità all'amministrazione regionale

Vado Ligure. Fare luce sulla verità. E’ questa la ragione che ha spinto i lavoratori ed ex lavoratori della centrale termoelettrica Tirreno Power di Vado Ligure riuniti nella neonata associazione Alcev a manifestare la loro disponibilità a fare da “cavie” per studi epidemologici volti ad accertare le loro condizioni di salute dopo anni e anni di lavoro all’interno dello stabilimento vadese.

Già la scorsa primavera l’avvocato Nadia Carmen Brignone, che tutela l’associazione, il presidente di Alcev Vincenzo Giamello, insieme ai consiglieri Luca Ghersi e Mauro Cedro, e Giovanni Maiocco, erano stati ascoltati dalla IV Commissione Territorio e Ambiente.

In quell’occasione i lavoratori avevano ribadito la loro disponibilità a fare da “cavie” per studi epidemiologici mirati: “Se c’è un pericolo di danni per la salute, sono i lavoratori i primi ad averli patiti ed a patirne le conseguenze” aveva sintetizzato l’avvocato Brignone.

La proposta era rimasta in sospeso per sei mesi. Ma questa mattina, in occasione della tappa savonese del tour del centro-destra a sostegno del no al referendum costituzionale, i membri dell’associazione sono tornati a bussare alla porta dell’amministrazione regionale per ribadire la loro disponibilità a fare da “cavie” per gli studi.

“Abbiamo approfittato di questa occasione non per schierarci politicamente a favore del sì o del no ma per ribadire la nostra richiesta all’assessore regionale – ha spiegato l’avvocato Brignone – I lavoratori ed ex lavoratori di Tirreno Power si sono resi nuovamente disponibili per essere oggetto di studi epidemiologici. Secondo noi questo tipo di studi dovrebbero interessare prima di tutto i lavoratori, che sono i primi esposti alle emissioni della centrale, e poi la popolazione delle aree circostanti. Abbiamo più volte fatto presente questa nostra istanza: l’ultima a maggio, davanti alla 4^ commissione regionale sull’ambiente”.

La centrale di Vado difficilmente riaprirà, quindi questi studi hanno uno scopo diverso da quello di “agevolare” la riattivazione dello stabilimento: “Vogliamo fare luce sulla verità. Uno degli scopri principali (se non il principale) della nostra associazione è capire che cosa sta succedendo e come è messa la salute dei lavoratori”, ha detto Brignone.

L’associazione Alcev aveva avanzato la proposta per la prima volta ad aprile, con un’istanza inviata ai Comuni di Vado, Quiliano, Savona, Spotorno, Bergeggi, Noli, Albissola Marina e Superiore, alla Provincia di Savona, all’Asl 2, alla Regione, all’Agenzia Regionale Sanitaria, all’Arpal e, per conoscenza, al ministero dell’ambiente, a quello della salute e alla commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti.

“Nessuna delle istituzioni preposte a farlo ci ha mai controllato. I casi sono due: o ritengono che stiamo bene, e allora la centrale non inquina, oppure, se ritengono che la centrale inquina, vuol dire che a nessuno interessa se moriamo”, avevano detto i lavoratori tra la provocazione e la ferma volontà.

“I lavoratori vogliono essere analizzati e monitorati per capire il loro status di salute dopo anni di esposizione – chiarisce la legale – Questo non è ancora successo e c’è un elemento specifico: Da una prima valutazione sommaria e atecnica effettuata dall’associazione sono emersi campanelli d’allarme in relazione alla aumentata frequenza di aberrazioni genetiche, per cui i lavoratori vogliono avere piena consapevolezza della loro situazione per quanto attiene alla salute”.

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“Abbiamo presentato una istanza ufficiale ai comuni e alle autorità competenti – annuncia – I lavoratori danno loro disponibilità e chiediamo una lista delle patologie che possono essere correlate all’esposizione della centrale a carbone” conclude l’avvocato savonese.

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L’istanza è stata deliberata dal consiglio direttivo dell’associazione, come spiega Vincenzo Giamello, presidente e legale rappresentante del gruppo che, sebbene sia nata solo a marzo, riunisce già 164 iscritti tra lavoratori ed ex lavoratori della centrale Tirreno Power: “Siamo lavoratori e cittadini, e vogliamo tutelare la nostra salute e fare chiarezza su una vicenda che ha distrutto un migliaio di posti di lavoro e che ci ha messo alla gogna mediatica, accusandoci di essere degli assassini. Ma a noi non è stato mai fatto alcun controllo”.

Il concetto è semplice: dato che tra le motivazioni della chiusura c’è quella legata al rischio sanitario per il territorio, i lavoratori chiedono di conoscere le proprie condizioni. “Se stiamo male, lo vogliamo sapere – è il concetto – se invece stiamo bene, allora avevamo ragione noi. Basta calunniare i lavoratori della centrale”.

“Noi siamo stati messi in un angolo, come se fossimo estranei al territorio in cui viviamo – denuncia – mentre i lavoratori sono parte integrante del comprensorio savonese”.

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E per provarlo mostra un grafico, con la dislocazione sul territorio degli iscritti all’Alce: 45 vivono a Vado e Quiliano, 61 tra Savona e Spotorno, 42 nel comprensorio tra Varazze e Pietra e soltanto 15 sono più distanti. “Nell’interesse della nostra salute e di quella dei nostri figli vogliamo chiarezza” conclude il presidente dell’associazione.

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