Savona. Otto anni e quattro mesi di reclusione per Andrea Invicibile, sette anni e sei mesi di reclusione per Rinaldo Costa. È la sentenza per il caso del tentato omicidio di Renato Costa, l’ottantenne savonese che nell’ottobre scorso era stato aggredito nella sua casa in corso Ricci dopo che il figlio aveva assoldato un amico per ucciderlo.
Il verdetto è stato emesso al termine del rito abbreviato (che permette di ottenere lo sconto di un terzo della pena) celebrato davanti al gup Francesco Meloni.
Prima della discussione il dottor Rocca ha reso noto l’esito della perizia psichiatrica su Rinaldo Costa, 52 anni, figlio della vittima del pestaggio. Anche lui, come l’altro imputato Invincibile, 43 anni, è stato giudicato capace di intendere e di volere e di conseguenza imputabile.
Costa e Invincibile dovevano rispondere di tentato omicidio pluriaggravato dalla premeditazione e dai motivi abbietti: il pm Ubaldo Pelosi infatti aveva chiesto una condanna a nove anni e quattro mesi per Andrea Invincibile, otto anni e nove mesi per Rinaldo Costa. Il giudice Meloni ha però ritenuto le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate infliggendo una condanna leggermente meno severa.
Nella scorsa udienza il difensore di Invincibile, l’avvocato Lucrezia Novaro, aveva chiesto ed ottenuto che il suo assistito fosse sottoposto ad una perizia psichiatrica per accertare la sua capacità di intendere e volere. La stessa valutazione che poi è stata eseguita per Costa.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura, che ha coordinato le indagini dei carabinieri, Rinaldo Costa voleva uccidere il padre Renato, 80 anni, ex ferroviere, perché temeva di perdere l’eredità paterna (forse pensava che il genitore volesse intestare tutto alla sua nuova compagna, Sheila Bhunnoo Begum, una quarantanovenne originaria delle Isole Mauritius con la quale convive da ormai sette anni). Di conseguenza aveva convinto l’amico Andrea Invincibile, a fronte del pagamento di un importo di diecimila euro, ad aiutarlo a portare a termine il folle gesto.Fortunatamente, grazie alla reazione del signor Renato Costa, l’omicidio non si era concretizzato.
Ad accertare la premeditazione da parte di Rinaldo Costa sarebbero stati alcuni bigliettini trovati in casa dell’uomo in cui i “passaggi” dell’omicidio venivano riepilogati uno per uno. Ad ottobre il piano era diventato concreto: Renato Costa era stato aggredito nella sua casa di corso Ricci dall’amico del figlio che, fortunatamente, non era riuscito ad ucciderlo. L’anziano, che aveva reagito ferendo il killer e mettendolo in fuga, era stato ricoverato in ospedale con due fratture al torace e diverse escoriazioni.