Strategia difensiva

Morte di Riccardo Cinco, i legali di Gabraje invocano la “legittima difesa”

Chiesta l'assoluzione dell'albanese: "Si è difeso in una situazione di pericolo: non è omicidio preterintenzionale, al massimo è un profilo colposo"

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Savona. La legittima difesa. E’ questo il principio intorno al quale si snoda la difesa dell’albanese Sabit Gabraje che è a giudizio con l’accusa di omicidio preterintenzionale per la morte del varazzino Riccardo Cinco. I legali dell’imputato, gli avvocati Claudio Marchisio e Dominique Bonagura, hanno chiesto alla Corte d’Assise di riconoscere che il loro assistito ha tirato un pugno contro la vittima per difendersi e non con la volontà di picchiare.

E così, questa mattina, dopo che il pm Daniela Pischetola ha chiesto una condanna a dodici anni di reclusione per omicidio preterintenzionale, i difensori di Gabraje hanno sostenuto che non ci siano i presupposti per contestare quel tipo di reato.

“La verità processuale ha dimostrato che si debba applicare la scriminante della legittima difesa: Gabraje, a differenza di quanto dice il pm, non poteva evitare il pericolo perché quando è sceso dall’auto non era stata esplicitata nessuna ‘sfida’ da parte di Cinco. E’ stato soltanto in un secondo momento, quando gli ha cercato di colpirlo con il boccale, che la vittima ha cambiato registro. Questo ha legittimamente indotto il mio assistito a difendersi da un atteggiamento potenzialmente lesivo. Gabraje ha reagito, ma in quel momento c’era una reale percezione di pericolo” ha spiegato l’avvocato Bonagura.

“Ricordo inoltre che la legittima difesa non va valutata oggi ‘ex post’, ma va valutata ‘ex ante’, ovvero bisogna mettersi nei panni della persona che si è difesa. Quando Gabraje ha tirato il pugno aveva appena schivato un boccale che, oggi, sappiamo essere di plastica, ma sembrava di vetro. In quel momento Cinco, che era un uomo di buona stazza, un uomo che lavorava come elettricista sulle navi e quindi aveva mani abituate a stendere cavi, poteva fare paura. Se si volesse considerare l’esistenza di una sproporzione tra difesa e offesa allora si potrebbe considerare l’eccesso colposo di legittima difesa, ma Gabraje non è un picchiatore e quindi non ha nessuna esperienza” ha proseguito Bonagura.

Il difensore dell’imputato si è anche soffermato sulla dinamica del pugno: “Se io tiro colpo così violento da mandare al tappeto la vittima va indietro e cade sbattendo la nuca. Qui abbiamo un pugno che non lascia lesioni esterne e che fa cadere Cinco in avanti, nella stessa direzione da dove proveniva colpo. Questo vuol dire che il pugno non era forte e non aveva capacità lesiva però, vista la condizione della vittima, il colpo ha fatto spegnere un interruttore facendolo cadere in avanti sopra la grata metallica”.

La difesa ha poi tirato in ballo due norme “che permettono di prosciogliere Gabraje”: il caso fortuito (articolo 45 del codice penale) e l’interruzione del nesso di causalità (articolo 41 cp) in forza delle “cause sopravvenute”.

“Nella fattispecie del caso fortuito si fa riferimento ad un accadimento imprevedibile ed imponderabile che si inserisce all’improvviso nell’azione od omissione dell’agente. In pratica, se si dimostra che si è inserito un evento eccezionale, allora si taglia colpevolezza. Nel nostro caso questo evento è lo stato di alterazione alcolica di Cinco che aveva un tasso alcolemico di 2,46 g/l nel sangue e per questo è caduto in quel momento. Gabraje non poteva sapere che la vittima fosse in quella condizione così come non poteva prevedere che la caduta avvenisse su superficie così dura come la grata. Visto che l’ubriachezza non era stata provocata da Gabraje e che il pugno non è stato tirato per farlo cadere sulla grata, allora non sussistono i presupposti dell’omicidio preterintenzionale”.

“L’ubriachezza di Cinco è la causa sopravvenuta e l’azione dell’imputato è l’occasione che ha consentito al fattore eccezionale di esplicarsi” ha concluso l’avvocato Bonagura suscitando la replica secca del pm Pischetola: “Oggi abbiamo imparato che colpire un ubriaco e mandarlo al tappeto non è reato”.

Al di là degli aspetti “tecnici”, nell’arringa dei legali di Gabraje c’è stato spazio anche per attaccare “l’accanimento mediatico dei giornalisti nei confronti di Sabit Gabraje” che, come ha spiegato l’avvocato Marchisio, era stato etichettato “come l’albanese cattivo e picchiatore che ha colpito con una serie di cazzotti alla testa”.

“Si è partiti da una formulazione di tentato omicidio, ma già il gip, dopo l’interrogatorio, ha concesso i domiciliari. Siamo davanti ad una dinamica che, purtroppo, quotidianamente ci vede interessati davanti al giudice di pace e, a volte, nemmeno lì. In 25 anni di carriera non sono mai arrivato davanti ad un’Assise per un pugno. C’è stata una lite ed è tutto qui. Sono convinto di aver dato un’idea molto diversa di quanto accaduto” ha concluso Marchisio.

Alla luce delle loro tesi difensive, i legali di Gabraje hanno chiesto che venga riconosciuta la sussistenza della legittima difesa reale ed eventualmente con l’esimente putativa e quindi che l’imputato venga assolto. In subordine i difensori hanno chiesto che venga contestato l’omicidio colposo riconoscendo l’eccesso colposo di legittima difesa. Inoltre è stato chiesto che, in caso di condanna, le attenuanti della provocazione e le generiche vengano considerate prevalenti sulle aggravanti contestate. Il verdetto è atteso per il prossimo 20 luglio.

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