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Confcommercio contro i nuovi centri commerciali: “Siamo stupiti, vanno recuperati i centri storici”

Presa di posizione netta da parte dei quattro presidenti liguri

Confcommercio

Liguria. “Riteniamo prioritario per il rilancio dell’economia ligure sperimentare le soluzioni che passino anche attraverso lo sviluppo dei processi di ammodernamento programmatorio della rete distributiva, ma coniugando il recupero ed il mantenimento dei centri commerciali storici con l’elaborazione e il coordinamento di iniziative di promozione e marketing territoriale”. Lo affermano in una nota congiunta i quattro presidenti delle Confcommercio liguri, Paolo Odone (Genova), Vincenzo Bertino (Savona), Enrico Lupi (Imperia) e Gianfranco Bianchi (La Spezia).

“Ciò che ci preme scongiurare – spiegano – è la distruzione di un modello di rete distributiva che è quello che meglio risponde al nostro sistema economico e demografico. La rete distributiva tradizionale, a differenza di altre strutture fisiche artificiali, si sviluppo di concerto al contesto sociale ed urbano, creando un baricentro commerciale assolutamente conforme ai punti di aggregazione e di relazione sociale, ai luoghi di residenza e agli elementi storici ed architettonici di una città. Lungi da voler individuare indicatori esclusivamente quantitativi che limitino nuove aperture, riteniamo fondamentale valutare quali siano gli effetti diretti conseguenti all’apertura di grandi strutture di vendita sulla rete distributiva esistente e quali siano gli effetti indiretti che tali insediamenti hanno prodotto sulla rete di vendita tradizionale e sul tessuto sociale pre-esistente”.

“Purtroppo le Piccole e Medie Imprese del Terziario stanno soffrendo – fanno notare – e quando si parla di imprese si intendono intere famiglie e dipendenti che vivono di questo lavoro che si aspettano che venga loro riconosciuto il ruolo preponderante che hanno nell’economia e nell’occupazione ligure. La situazione occupazionale va inoltre valutata in senso ampio e, come spesso accade rispetto agli insediamenti della grande distribuzione, di fronte all’attivazione di alcuni posti di lavoro – peraltro con caratteristiche tendenzialmente poco stabili – ne vengono meno molti altri precedentemente ben radicati e strutturati all’interno di aziende storiche e solide che necessitano di essere salvaguardata e resa competitiva anche in virtù del suo valore sociale imprescindibile: la vivibilità del nostro territorio”.

Entrando nel merito del disegno di legge relativo alla nuova programmazione commerciale e delle specifiche aree individuate, i quattro presidenti si dicono “stupiti che, a fianco alle legittime indicazioni di sostenibilità ambientale (quali rischio idrogeologico e presenza di polveri sottili) non siano state considerate le evidenti criticità da un punto di vista della mobilità, della logistica e della viabilità di determinate aree individuate come compatibili con l’insediamento, anche per trasferimento, di Grandi strutture di Vendita, Centri Commerciali, Parchi commerciali, Distretti commerciali Tematici, Polo enogastronomico. Ci risulta inspiegabile come, all’interno di considerazioni di tipo urbanistico, non siano emerse situazioni di grande criticità in cui già versano numerose aree della nostra regione in riferimento alla densità del parco auto circolante, con i relativi flussi di traffico urbano ed extraurbano, nonché alla pressione esercitata della rete viaria, che si andrebbero ulteriormente ad aggravare in presenza di nuovi insediamenti, andando a pregiudicare ulteriormente la qualità della vita già esposta e compromessa”.

“Apprezziamo la volontà di meglio normare la tipologia di vendita con modalità ‘outlet’ – continuano – le disposizioni sulle vendite di fine stagione o saldi e le relative vendite straordinarie che questo tali esercizi già effettuano per loro natura. Siamo però convinti che l’impegno di tutti si debba esprimere nella valorizzazione dei centri commerciali naturali già esistenti, sostenendo le attività imprenditoriali attive ed investendo su di esse per migliorarne l’offerta occupazionale, salvaguardando e moltiplicando quella esistente. In questo disegno, secondo noi, andrebbe pianificato lo sviluppo economico della città evitando così ulteriori, non solo inutili, ma dannosi, centri commerciali artificiali”.

“Di fronte al continuo calo degli abitanti della nostra regione, alla crisi economica che stiamo vivendo ed all’esubero di offerta commerciale già presente non riusciamo a comprendere quale possa essere la logica di pianificazione e di sviluppo che si sta perseguendo: invece che investire per attrarre insediamenti di funzioni di rilevanza strategica per la crescita della nostra regione – come centri direzionali, promotori di sviluppo economico e sociale, ed investimenti in attività di produzione e servizi alle imprese, si preferisce optare per la strada più facile, dell’investimento commerciale” concludono Odone, Bertino, Lupi e Bianchi.

Sulla questione è intervenuta anche Rete a Sinistra: “Condividiamo le obiezioni manifestate dalle rappresentanze di Confcommercio, Confesercenti e Confartigianato – commenta il consigliere regionale Gianni Pastorino -. Se da un lato è positivo che la Regione si riappropri del potere programmatorio sulle aree da destinare alla grande distribuzione, dall’altro è evidente che il DDL in votazione a fine mese presenta molte lacune: dati carenti, mancano studi sulla viabilità delle zone indicate, la vivibilità delle zone medesime è messa in secondo piano. Insomma: il testo non sembra molto calato nella realtà. Tutto questo ci lascia alquanto perplessi”.

Gli scenari futuri, quindi, sono ancora tutti da studiare. “Facciamo un esempio su Genova: ci immaginiamo cosa significa destinare la zona di via Piave a un nuovo centro commerciale? Anzitutto significa dirottare lì un numero esorbitante di tir per l’approvvigionamento delle merci  – spiega Pastorino -; tantissimi camion che attraverserebbero la città, scendendo dai caselli di Sampierdarena, Staglieno o Nervi”.

“Il paradosso è che questo provvedimento coincide con una fase di contrazione nel giro d’affari della grande distribuzione – prosegue Pastorino -. Peraltro non si comprende per quale motivo si dovrebbero autorizzare nuove concessioni a questi soggetti economici che, com’è noto, contribuiscono a produrre la desertificazione del commercio di prossimità. Ci lamentiamo perché chiudono le botteghe e poi autorizziamo nuovi centri commerciali: che senso ha?”.

La storia locale non è priva di quei precedenti che dovrebbero insegnare qualcosa. “Ancora stamattina in commissione ricordavamo l’esempio della Fiumara: poteva essere adibita a zona retro-portuale, con enormi vantaggi economici per il Porto di Genova, e invece si è preferito costruire il centro commerciale; che sicuramente non può essere considerato un “caso di successo” – conclude Pastorino -. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: problemi alla viabilità, impoverimento del tessuto economico circostante, disagio sociale in crescita. Non di rado gli stessi esercenti dello shopping center preferiscono chiudere e andarsene: qualcosa vorrà pur dire”.

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