Si o no?

Referendum Trivelle, ecco dove, come e quando si vota

Perché sia raggiunto il quorum dovranno votare il 50% più uno degli aventi diritto

referendum trivelle

Liguria. Stop ai dibattiti sulle trivelle: è tempo di votare. Domani infatti gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimere il loro pensiero sul tema delle concessioni per estrarre gas e petrolio dalle piattaforme entro le 12 miglia dalla costa.

Ecco tutto quello che c’è da sapere prima di votare:

DOVE, COME E QUANDO – Si vota domani (domenica 17 aprile) nei tradizionali seggi che normalmente vengono allestiti per le elezioni amministrative, ciascuno nel proprio comune di residenza, ovviamente portando con sé la tessera elettorale. Votano i cittadini dai 18 anni in su e che godono dei diritti politici. I seggi sono aperti dalle 7 alle 23. La scheda per votare, di colore giallo, contiene il quesito e le caselle da barrare: una per il sì e una per il no. Lo scrutinio dei voti inizierà alle ore 23 di domenica, subito dopo la chiusura delle operazioni di voto.

IL QUESITO – Ecco come è formulata la domanda agli elettori: “Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ‘Norme in materia ambientale’, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ‘Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)’, limitatamente alle seguenti parole: ‘per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale’?”.

GLI EFFETTI DEL VOTO – I cittadini italiani potranno decidere se abrogare (con il “sì”) questa parte di norma e far valere, anche per i titoli già rilasciati, il divieto di “operare” entro le 12 miglia dalla costa, facendo cessare le attività in corso in mare non immediatamente, ma alla data di scadenza “naturale” della concessione (anche se il giacimento non fosse esaurito). Se vince il “no”, invece non cambierà nulla rispetto alla situazione attuale e si andrà avanti fino all’esaurimento del giacimento.

VOTO ALL’ESTERO? – Per chi non è sul territorio italiano è previsto il voto per corrispondenza degli italiani all’estero. Gli elettori residenti all’estero, iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, dovrebbero aver ricevuto il plico elettorale al loro domicilio. Per coloro che per motivi di lavoro, studio o cure mediche si trovano temporaneamente all’estero per un periodo di almeno tre mesi è consentito partecipare al voto per corrispondenza organizzato dagli uffici consolari italiani. Vale anche per eventuali familiari e conviventi.

QUORUM – Perché il referendum sia valido deve votare il 50% più uno degli aventi diritto. Il corpo elettorale è composto da 46.732.590 elettori, di cui 22.465.001 maschi e 24.267.589 femmine, ripartito negli 8.000 Comuni e nelle 61.562 sezioni elettorali del territorio nazionale, a cui vanno aggiunti i residenti all’estero (3.898.778).

LE RAGIONI DEL “SI” – “Se non fermiamo le trivelle, il mare finirà nelle mani dei petrolieri. Sì, perché puntare tutto sulle poche gocce di petrolio presenti sotto i nostri fondali vuol dire condannare il Paese alla dipendenza energetica dalle fonti fossili e dall’import, danneggiare il turismo, la pesca e le economie costiere, penalizzare le fonti rinnovabili. Affidarsi ai petrolieri vuol dire non far crescere l’occupazione, tenere le casse pubbliche a secco, smentire gli impegni che l’Italia ha preso dinanzi al mondo intero per la salvaguardia del clima. È un fallimento certo. Sosteniamo da anni che trivellare i nostri fondali in cerca di petrolio è una pazzia che conviene solo a pochissimi, e in nessun modo alla comunità: il governo sta svendendo la bellezza del nostro Paese e i suoi mari per pochi spiccioli, perché le nostre royalties sono tra le più basse al mondo” (Fonte Greenpeace).

LE RAGIONI DEL “NO” – Ridurre l’estrazione di idrocarburi dai nostri giacimenti comporta maggiori importazioni (in particolare da Egitto e Libano, che perforano ugualmente i fondali del Mediterraneo): oltre all’impatto sulla bilancia dei pagamenti, sul versante ambientale questo aumenterebbe il numero di petroliere che transitano nei nostri mari, con tutti i problemi di inquinamento che ciò comporta. In più, nel lungo periodo si perderebbero migliaia di posti di lavoro tra diretti e indotto. Smettere di usare gli impianti entro le acque territoriali italiane significherebbe perdere gli investimenti fatti fino a oggi e quelli futuri. Secondo le stime il petrolio presente nei mari italiani sarebbe pari a 700 milioni di tonnellate. Il nostro consumo attuale all’anno è 58 milioni di tonnellate. Nel 2014 sono stati importati 54 milioni di tonnellate. Avere fonti energetiche nostre ci fa spendere meno e ci mette al riparo da cali improvvisi dovuti a crisi internazionali. Secondo le stime sarebbe pari a 700 milioni di tonnellate. Il nostro consumo attuale all’anno è 58 milioni di tonnellate. Nel 2015 sono stati esportati 21 milioni di tonnellate (Fonte La Stampa).

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