Savona. Prima una denuncia a Torino ora un accorato appello al ministro della Giustizia Andrea Orlando perché si faccia luce su una vicenda giudiziaria che ha di fatto travolto l’operato di Pietro Fotia e delle sue aziende.
Un documento che ripercorre tutta l’odissea giudiziaria è stato inoltrato non solo a Orlando, ma anche al Csm, al procuratore generale della Cassazione, al procuratore generale della Repubblica del tribunale di Genova e del tribunale di Torino.
Sequestri e denunce e inchieste che hanno riguardato le imprese Scavoter e PDF Srl sono finite nel dossier che ha preso la strada della Capitale nel quale Fotia spiega la sua posizione e “una infinità di procedimenti penali che si sono resi necessari per spezzare le reni delle aziende, licenziare quasi cento persone e sottoporre a gogna mediatica il mostro senza però di macchiare la fedina penale”.
Senza mezzi termini l’imprenditore calabrese si dichiara di essere “in Italia, l’unico incensurato che è stato sottoposto a misure di sorveglianza speciale”.
Tantissime le denunce che Fotia ha presentato ai rappresentanti del Governo, alle varie procure diverse da quelle di Savona e alla stampa, i vari abusi che gli inquirenti savonesi consumavano in suo danno. “Ma l’unica risposta era un assordante, quanto eloquente silenzio (..) arrivando a pensare che le iscrizioni di reato, visto come si concludevano e si concludono (assoluzioni, richieste di archiviazioni, prescrizioni) servivano solo per drogare l’opinione pubblica per dipingere ‘il mostro’ e distruggere l’uomo”, ripete.
“Questi anni, riassunti in quasi sette ore di interrogatorio corredato da prove documentali reso innanzi ad un dirigente della polizia giudiziaria di Torino, altro non sono stati se non una lenta e scientificamente orchestrata agonia nei confronti del sottoscritto – rileva l’imprenditore – Ora non è più possibile continuare così. Due sono le alternative: denunciare o suicidarsi. La seconda sarebbe più comoda, la più veloce, la più attesa dagli aguzzini e non troverebbe nessun responsabile. La prima, cioè denunciare-denunciare-denunciare, pari a resistere-resistere-resistere, è forse più difficile, ma necessaria per dimostrare la persecuzione”.