L'appello

Emergenza profughi, il vescovo Borghetti: “Accolti nei nostri appartamenti, superiamo la paura”

"Ne abbiamo accolti alcuni in nostre strutture senza far rumore" rivela il vescovo di Albenga, che lancia l'appello: "Non ci sono 'loro' e 'noi', siamo insieme sulla barca della vita"

Albenga. “Amministrare la cosa pubblica non è certo facile a questi chiari di luna; ma abbiamo bisogno di comunità solidali che vivano concretamente l’amore, occorre superare la tentazione della ‘mondanità spirituale’ per essere vicini alle persone semplici, agli ultimi, ai nuovi ultimi e, tra questi, ci sono i rifugiati. La Chiesa di Albenga-Imperia fa ancora troppo poco, potremmo impegnarci di più“. Così dice il vescovo coadiutore della Diocesi di Albenga-Imperia Guglielmo Borghetti, dalle pagine di Avvenire di oggi, in un’intervista a firma di Eraldo Ciangherotti, per commentare il problema dell’emergenza profughi che si sta registrando nel ponente ligure.

“Pensando alle parole di papa Francesco – prosegue il presule ingauno – che al Centro Astalli di Roma disse ‘A cosa servono alla Chiesa i conventi chiusi? I conventi dovrebbero servire alla carne di Cristo e i rifugiati sono la carne di Cristo’, ho espresso alla prefettura di Savona una disponibilità ad accogliere in strutture (case famiglie, case parrocchiali) un piccolo numero di nuclei mamma-bambino/a e li abbiamo sistemati in nostri appartamenti con discrezione e senza far rumore, rispettando le preoccupazioni anche di chi amministra la società civile”.

“Se il problema si ridurrà a come dover affrontare un’emergenza organizzativa sarà troppo poco – avverte Borghetti – dobbiamo prima di tutto riconoscere con sincerità l’assoluto primato della persona e dei suoi bisogni fondamentali e consequenzialmente il rispetto dovuto ad ogni essere umano creato ad immagine di Dio e portatore dei lineamenti di Cristo”.

E sulle proteste di numerosi cattolici che chiedono priorità di aiuti alle famiglie italiane bisognose ancora aggiunge il presule: “La famiglia umana non è composta da figli e figliastri, da lontani e vicini, da stranieri e non; l’impegno della comunità umana e cristiana è a trecentosessanta gradi. Tutti, seppure in modo diverso, necessitano di cura, accompagnamento, attenzione. Non ci sono ‘loro’ e ‘noi’ ; siamo insieme sulla barca della vita“.

Quindi più aiuti a tutti superando pregiudizi e incomprensioni, è l’appello di Borghetti: “L’arrivo di migranti, profughi, richiedenti asilo e rifugiati suscita sospetti ed ostilità nelle popolazioni locali; frequente è la paura che nascano sconvolgimenti nella sicurezza sociale, che si corra il rischio di perdere identità e cultura, o addirittura che si introducano nuovi fattori di criminalità. Occorre passare da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse ed emarginazione, ad un atteggiamento basato sulla ‘cultura dell’incontro’, e non dello scarto. Solo la cultura dell’incontro è in grado di costruire un mondo più giusto e fraterno”, conclude il vescovo coadiutore.

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