Tirreno power

Disastro sanitario, omicidio plurimo e abuso d’ufficio: la gestione “ombra” della centrale ricostruita dai pm

Secondo l'accusa per 14 anni l'impianto è stato gestito senza dare priorità a salute e ambiente: 427 le morti "accertate" contestate

centrale vado ciminiere nebbia

Savona. Quarantaquattro pagine per raccontare quello che è successo intorno alla centrale termoelettrica di Vado Ligure nell’arco di un periodo di 14 anni, dal 1° gennaio del 2000 fino all’11 marzo 2014, data del sequestro dei gruppi a carbone VL3 e VL4.

Nei sei capi d’imputazione elaborati dal Procuratore Francantonio Granero e dal sostituto Chiara Maria Paolucci agli 86 indagati – a vario titolo ed in concorso – vengono contestati i reati di disastro ambientale colposo aggravato, disastro sanitario colposo aggravato, abuso d’ufficio, disastro colposo aggravato e omicidio colposo plurimo.

E’ difficile riassumere in poche righe l’impianto accusatorio elaborato dalla Procura: sono tantissime le condotte, a vari livelli, che secondo gli inquirenti hanno portato a gestire per anni l’impianto di Vado senza dare priorità alla tutela della salute e dell’ambiente.

Si parte dalle accuse ad amministratori e dirigenti di Tirreno Power (Macci, La Malfa, D’Elia, Gosio, Salvi, Orlandi, Molinari, Mezzogori, Dini, Fioretti, Hugé, Lohest, Spaziani, Mangoni, Corso, Musulesi, Carra, Marco Ferrando, Neri, Castellaro, Carriere, Staderini, Leone, Jacquier, Chiura, Agosta, Chiarini, Renaud, Scornajenchi, Pozzani, Gatti, Bigi, Hertoghe, Riboldi, Mattoni, Prelati, Guelfi, De Vito, Ravetta, Camerano) ai quali si contesta il “disastro ambientale doloso aggravato dal verificarsi dell’evento” che, secondo i pm, si sarebbe concretizzato “omettendo volontariamente e consapevolmente di applicare le misure precauzionali necessarie a ridurre l’inquinamento ed assumendo decisioni finalizzate sempre e soltanto alle soluzioni più redditizie”. E la Procura individua anche gli elementi che dimostrerebbero l’esistenza del disastro ambientale attribuibile alle emissioni della centrale: il deterioramento significativo della qualità dell’aria, le condizioni della flora (provato dalla grave rarefazione della flora lichenica.

Nelle contestazioni si legge che i gruppi a carbone VL3 e VL4, secondo i dati forniti dalla stessa azienda (sulla cui bontà peraltro i pm nutrono dubbi), “provocavano emissioni massicce dei macroinquinanti con un quadro emissivo peggiorativo rispetto a quello conseguito dalla gestione Enel fin dalla fine degli anni 90, quando erano in esercizio quattro gruppi a carbone”. Una situazione che, sempre secondo gli inquirenti, poteva essere evitata visto che l’azienda aveva le “possibilità tecniche ed economiche, grazie agli ingenti profitti di quegli anni” per effettuare interventi di ambientalizzazione per “ridurre significativamente le emissioni”. E ancora si contesta di: “aver ridotto il budget” per l’impianto, di aver scelto carbone di qualità inferiore e meno costosa, di aver usato olio combustibile denso con contenuto di zolfo superiore allo 0,3%, e di non aver adottato soluzioni efficaci per contenere le emissioni del parco carbone, ma anche aver presentato “sempre richieste di modifica delle autorizzazioni in senso peggiorativo per l’ambiente e vantaggiose, in termini economici, per la società”.

Poi c’è il disastro sanitario colposo aggravato dal verificarsi dell’evento per i danni alla salute dei cittadini. La Procura evidenzia “un eccesso di morbilità e di mortalità, tra la popolazione residente nelle aree di ricaduta delle sue emissioni quantificabile in malattie e decessi accertati”. Seguono i numeri: 298 ricoveri di bambini per patologie respiratorie, considerando le mappe elaborate attraverso modelli matematici, che salgono a 433 ricoveri se si considerano invece le mappe determinate attraverso le campagne di rilevamento del bioaccumulo nei licheni, nel periodo 2005-2010. E poi 2161 ricoveri di adulti per malattie cardiovascolari e respiratorie secondo i modelli matematici e (2223 con il rilevamento del bioaccumulo nei licheni) sempre tra 2005-2010. Infine 657 morti per malattie cardiovascolari e respiratorie  secondo il modello matematico (427 con il rilevamento del bioaccumulo nei licheni) tra il 2000 ed il 2007. Dati che, secondo i pm, sono “sicuramente attribuibili alle immissioni della centrale, sia come causa esclusiva, sia come concausa prevalente”.

Dal capo b in avanti entrano in gioco i pubblici amministratori e funzionari. A Gareri, Isetta, Ferrando, Giacobbe e Caviglia viene contestato il disastro colposo aggravato per non aver adottato il “principio di precauzione” e per non aver imposto l’uso delle Migliori Tecnologie Disponibili” anche se, secondo l’accusa, erano a “doverosa conoscenza del dato scientifico validato secondo il quale la combustione del carbone provoca con certezza un incremento di morbilità e di mortalità e sebbene disponessero anche di studi sanitari focalizzati sulla situazione locale, che individuavano la Centrale come un’importante fonte di danno alla pubblica incolumità e di disastro ambientale”.

La terza contestazione è quella che riguarda l’abuso d’ufficio per pubblici amministratori e funzionari (Burlando, Fusco, Barbagallo, Berlangieri, Boitano, Briano, Cascino, Guccinelli, Montaldo, Paita, Rambaudi, Rossetti, Vesco, Minervini, Vacca, Gareri, Correggiari, Grillo, Mazzoni, Tafaro, Di Giovanni, Bevilacqua, Badalato, Sandro Berruti, Genta, Croce, Falappa, Castelgrande). Secondo i pm avrebbero procurato un vantaggio economico a Tirreno Power consentendo all’azienda di protrarre l’esercizio dei due gruppi a carbone di Vado Ligure senza i necessari adeguamenti impiantistici e gestionali per ridurre l’impatto ambientale. Condotta che, a livello generale, si sarebbe concretizzata evitando di controllare le emissioni e con autorizzazioni amministrative illegittime. Ovviamente i magistrati specificano per ciascuno degli indagati le singole responsabilità imputate nel disegno generale.

Si arriva poi al capo d, ovvero la contestazione di disastro colposo aggravato, contestata anche agli amministratori e funzionari pubblici che avrebbero agevolato le condotte imputate ai dirigenti di Tirreno Power.

C’è poi l’omicidio colposo plurimo contestato a Macci, La Malfa, D’Elia, Gosio, Orlandi, Molinari, Mezzogori, Dini, Fioretti, Hugé, Lohest, Spaziani, Mangoni, Corso, Musolesi, Carra, Marco Ferrando, Guelfi, Ravetta, Isetta, Giacobbe, Minervini, Gareri. A loro si contesta di aver permesso una gestione della centrale che ha provocato un “numero di vittime accertato in modo conservativo non inferiore a 427”.

L’ultima contestazione, sempre relativa all’abuso d’ufficio, riguarda invece gli eventi più recenti, ovvero tutto quello che è accaduto negli ultimi mesi quando gli amministratori e funzionari erano stati informati “dei risultati raggiunti attraverso la consulenza disposta dal pubblico ministero circa la concreta entità del disastro ambientale e sanitario già verificatosi per cause attribuibili alla centrale”. Una circostanza che, secondo la Procura, avrebbe dovuto far agire diversamente gli amministratori e i dirigenti dell’azienda che, al contrario, hanno portato avanti l’iter per il rilascio della nuova AIA.

Per quanto riguarda quest’ultima contestazione sono coinvolti i membri delle giunte che hanno firmato le delibere in cui si dava il parere positivo al rinnovo dell’Autorizzazione Ambientale Integrata per la centrale di Vado: quella Regionale (Burlando, Montaldo, Barbagallo, Boitano, Cascino, Guccinelli, Paita, Rambaudi, Rossetti, Matteo Rossi, Vesco, Berlangieri, ma anche il dirigente Minervini), quella provinciale (Vaccarezza, Santi, Vacca, Andrea Berretti, Revetria e il dirigente Gareri), quella del Comune di Vado (Giuliano, Falco, Oliveri, Verdino, Ennio Rossi) e quella di Quiliano (Ferrando, Giusto, Rognoni, Lavazelli e Giuria), oltre al dirigente Tirreno Power Salvi e al direttore generale del ministero dell’Ambiente Mariano Grillo.

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