Accuse confermate

Operazione “Grissitalia”, chiusa l’inchiesta: notificato il fine indagini fotogallery video

Lo scorso aprile dieci persone erano state colpite da una misura cautelare con l'accusa di aver messo in atto una maxi evasione fiscale

Finanza piemontese michele colonnello

Savona. La Procura di Savona, dopo le misure cautelari eseguite lo scorso aprile, ha messo un punto sull’inchiesta relativa alla maxi evasione fiscale intorno all’azienda “Grissitalia srl”. Nei giorni scorsi il sostituto procuratore Ubaldo Pelosi ha infatti notificato il fine indagini ai diretti interessati.

Un atto – preludio alla richiesta di rinvio a giudizio – nel quale sono confermate tutte le accuse contestate in precedenza dal magistrato e sulla base delle quali il gip Fiorenza Giorgi aveva emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di dieci persone.

Nei guai erano finiti Cesare Dagna, 70 anni, fondatore dell’azienda e azionista di maggioranza di Grissitalia per il tramite della fiduciaria Fin Sipaf spa, i figli dell’imprenditore Massimo e Roberto, rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione di “Grissitalia” e amministratore di Fin Sipaf spa, ma anche Graziano Brandino, direttore dello stabilimento di Albisola, Franco Aresca, direttore di quello di Prato Sesia, Guido Garitta, di 75, impiegato dello stabilimento albisolese, e quattro autotrasportatori, Paolo Rubin, 56, di Aulla, Stefano Gambaro, 46, di Novara, Diego Surace, 43, di Gattinara (Vercelli), Ronni Cavallo, 66, di Serravalle Sesia.

I titolari dell’azienda, sia davanti al gip che al pm Pelosi, di fatto, avevano ammesso le proprie responsabilità. In particolare Cesare Dagna aveva ammesso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, l’incasso dei contanti “restituiti” dagli autotrasportatori, ma anche che erano soliti “pagare in nero” i dipendenti.

Dichiarazioni in linea con quelle dei figli Massimo e Roberto Dagna, che davanti al pubblico ministero avevano ammesso le loro responsabilità nella maxi evasione fiscale ipotizzata dai finanzieri savonesi. Proprio alla luce delle dichiarazioni rese durante gli interrogatori il sostituto procuratore Pelosi ha ritenuto di aver chiuso il cerchio sulla vicenda firmando il fine indagine.

Secondo l’ipotesi degli inquirenti, il sistema per frodare il Fisco ruotava intorno ai “padroncini” che lavoravano per l’azienda, leader nel settore della panificazione industriale, con stabilimenti ad Alessandria, Albissola Marina (in via delle Industrie), Mombercelli (Asti), Prato Sesia (Novara) Oricola (l’Aquila).

In particolare grazie all’emissione di una serie di fatture per operazioni inesistenti, con importi relativi a viaggi e trasporti gonfiati, i dirigenti della società saldando le fatture tramite bonifico e facendosi restituire una parte degli importi (gli autotrasportatori trattenevano circa il 20%) riuscivano ad incassare ingenti somme di denaro in contanti. Con questo sistema, secondo l’accusa, si sarebbe concretizzata una frode del valore di 3,5 milioni di euro.

Le accuse contestate agli arrestati variano da frode fiscale, a emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, ad appropriazione indebita fino alla frode in commercio.

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