Incidente simulato?

Naufragio dello yacht “Kiss” a Vado, l’armatore si difende: “Mai chiesto il risarcimento”

L'imputato in aula si è difeso respingendo l'accusa di aver cercato di liberarsi dell'imbarcazione per incassare l'assicurazione

Savona. Prima che il pm Daniela Pischetola chiedesse per lui una condanna a cinque anni e due mesi di reclusione per naufragio doloso, l’armatore della barca “Kiss”, lo yacht che l’11 gennaio del 2011 rischiò di affondare sei miglia al largo della rada di Vado, si è difeso in aula.

L’imputato, Pasqualino F., a giudizio insieme ai due membri dell’equipaggio della barca, ai giudici ha raccontato del giorno dell’incidente: “Ero a casa e con una chiamata sul cellulare mi informarono dell’incidente. Rimasi basito. La barca doveva essere spostata da Genova a Sanremo dove avevamo già preso accordi con un cantiere per effettuare una manutenzione. Avevo dato i soldi per il carburante e l’assegno con l’acconto per i lavori a Luigi F., al quale avevo affidato la gestione della barca. Mi fidavo di lui, si era presentato come un professionista ed avevamo un accordo verbale che doveva essere formalizzato: lui si sarebbe dovuto occupare del noleggio della barca che era stata acquistata in leasing proprio per offrire un servizio di noleggio”.

A proposito del pagamento del leasing l’armatore ha precisato: “L’importo iniziale era di circa 500 mila euro, abbiamo dato un acconto di 150 e quindi restava un residue di 350 mila euro. Abbiamo sempre pagato le rate, anche dopo l’incidente tanto che era rimasto un residuo di meno di 50 mila euro”.

L’imputato ha poi sottolineato che la società proprietaria della barca non ha nemmeno mai chiesto un risarcimento all’assicurazione: “Non facemmo la denuncia proprio perché sapevamo che c’era un rischio che il naufragio fosse considerato doloso. Visto il residuo esiguo di rate da pagare valutammo di lasciar perdere”.

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