Frode fiscale

Operazione “Grissitalia”, ammissioni davanti al gip: “Incassavamo i soldi e pagavamo in nero” fotogallery video

Davanti al gip e al pm Pelosi sono arrivate le "confessioni" di alcuni degli arrestati

Finanza piemontese michele colonnello

Savona. Hanno ammesso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, l’incasso dei contanti “restituiti” dagli autotrasportatori, ma hanno anche ammesso davanti al giudice che erano soliti “pagare in nero” i dipendenti. Gli arrestati nell’ambito dell’operazione sulla maxi evasione fiscale intorno all’azienda “Grissitalia srl”, questa mattina, di fatto, hanno confermato le ipotesi accusatorie degli inquirenti.

Davanti al gip Fiorenza Giorgi, che aveva firmato le custodie cautelari, sono sfilati Cesare Dagna, 70 anni, fondatore dell’azienda e azionista di maggioranza di Grissitalia per il tramite della fiduciaria Fin Sipaf spa, Graziano Brandino, di 54, e Guido Garitta, di 75 anni, rispettivamente direttore ed impiegato dello stabilimento di Albissola.

Tutti e tre hanno ammesso gli addebiti contestati dalla Procura e, terminati gli interrogatori, i rispettivi difensori hanno presentato delle istanze di attenuazione della misura cautelare (Brandino è in carcere, mentre Dagna e Garitta ai domiciliari). Richieste sulle quali il giudice si è riservato di decidere.

Sempre questa mattina in Procura sono stati ascoltati dal pm Ubaldo Pelosi anche Massimo e Roberto Dagna, figli di Cesare e rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione di “Grissitalia” e amministratore di Fin Sipaf spa, che erano già stati interrogati per rogatoria dal gip di Alessandria. Entrambi davanti al pubblico ministero hanno ammesso le loro responsabilità nella maxi evasione fiscale ipotizzata dai finanzieri savonesi. Davanti al magistrato, dopo aver risposto alle domande del gip Giorgi, si è poi presentato anche il padre Cesare che ha deciso di rendere alcune dichiarazioni.

Nell’operazione delle Fiamme Gialle sono stati colpito da una misura cautelare anche altre cinque persone: Franco Aresca, direttore dello stabilimento di Prato Sesia, finito in carcere, e quattro autotrasportatori, Paolo Rubin, 56, di Aulla; Stefano Gambaro, 46, di Novara; Diego Surace, 43, di Gattinara (Vercelli); Ronni Cavallo, 66, di Serravalle Sesia, finiti ai domiciliari.

Secondo l’ipotesi degli inquirenti, il sistema per frodare il Fisco ruotava proprio intorno ai “padroncini” che lavoravano per l’azienda, leader nel settore della panificazione industriale, con stabilimenti ad Alessandria, Albissola Marina (in via delle Industrie), Mombercelli (Asti), Prato Sesia (Novara) Oricola (l’Aquila).

In particolare grazie all’emissione di una serie di fatture per operazioni inesistenti, con importi relativi a viaggi e trasporti gonfiati, i dirigenti della società saldando le fatture tramite bonifico e facendosi restituire una parte degli importi (gli autotrasportatori trattenevano circa il 20%) riuscivano ad incassare ingenti somme di denaro in contanti. Con questo sistema, secondo l’accusa, si sarebbe concretizzata una frode del valore di 3,5 milioni di euro.

Le accuse contestate agli arrestati variano da frode fiscale, a emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, ad appropriazione indebita fino alla frode in commercio.

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