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“Libri a palazzo”, Marco Cubeddu in arrivo ad Albenga

marco cubeddu

Albenga. Martedì 3 marzo alle ore 18, nelle sale espositive al terzo piano di Palazzo Oddo, nel centro storico ingauno, un evento esclusivo per la rassegna “Libri a Palazzo”, frutto della collaborazione tra Fondazione Gian Maria Oddi, il giornalista Cristiano Bosco e la MWay Communication di Mattia Righello, con la partecipazione di Libreria San Michele, Norcinoteca Re Carciofo, B&B Al Palazzo del Mare – Palazzo Oddo e il patrocinio del Comune di Albenga. Dopo il grande successo del romanzo d’esordio “CUBAMSC” (ed. Mondadori), best seller e caso editoriale del 2013, ritorna Marco Cubeddu, “enfant terrible” della letteratura italiana, che sarà ospite della rassegna ingauna “Libri a Palazzo”.

L’autore di origine genovese, firma illustre di diverse testate tra cui ‘Panorama’, ‘Il Secolo XIX’, ‘Il Giornale’, ‘il Venerdì di Repubblica’, ‘La Lettura’ del ‘Corriere della Sera’, ‘pagina 99’, ‘Flair’ e ‘Grazia’, ha scelto la città di Albenga per presentare in anteprima nazionale il suo nuovissimo romanzo, “Pornokiller” (2015, ed. Mondadori). A intervistare Marco Cubeddu, il giornalista Cristiano Bosco.

La giornata di Carlo Ballauri non poteva cominciare peggio. Si sveglia sul tappeto con la bocca impastata, al suono degli insulti e delle minacce provenienti dalla segreteria telefonica, urlati dall’inconfondibile voce di Artemio Buttafuoco junior, detto Ortaggio (in virtù dell’analogia strutturale fra un cetriolo e un importante organo del suo corpo), patron della Hardcorps, la casa di produzione del film porno di cui miracolosamente Carlo è stato scelto come regista dopo il flop dell’improponibile “Chi sputa, ama”. Poi il caldo e il sudore, mentre Carlo cammina per il centro di Torino trascinandosi dietro la gamba che ha perso la piena funzionalità dopo un’accesa conversazione con Dmitri, zelante tuttofare di Ortaggio. Finché, in un vicolo vicino al mercato di Porta Palazzo, appare lei: un’età indefinibile, un corpo efebico, un mazzo di rose in mano e in bocca un ricatto: “O compri le mie rose o urlo che stai provando a stuprarmi”. Una spietata Cappuccetto Rosso. Un improbabile Lupo Cattivo. Il tempo di farsi rubare il portafogli, che Carlo capisce. È lei, la musa che stava aspettando per riprendere in mano il film della sua vita, “Lolita Cyberpuuk”, un’opera “a metà tra lo sfarzo struggente del Grande Gatsby e la mastodontica iconicità del Titanic”, interrotta vent’anni prima, quando studiava al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, prima di finire in galera in circostanze poco chiare.

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