Economia

Aumentano i rapporti commerciali tra Liguria e Libia

libia

Sono la Sicilia e la Sardegna le regioni italiane più interessate dai rapporti economici con la Libia. A livello nazionale, ricordano dall’Ufficio studi della CGIA, nei primi nove mesi del 2014 il saldo commerciale con il Paese nord africano si è chiuso con un risultato negativo di -1,32 miliardi di euro. La Liguria comunque ben figura in questa graduatoria con 19,1 milioni di euro importati e 43,5 milioni di euro per la merce esportata nel paese libico. Il saldo commerciale ha raggiunto il + 24,3 % nel 2014 che se raffrontato con l’anno precedente arriva ad un + 140,6 %.

A livello nazionale niente a che vedere con il risultato riferito al 2012, anno seguente la caduta del regime di Gheddafi: il saldo commerciale era stato comunque negativo, ma pari a – 10,5 miliardi di euro. La Sardegna e la Sicilia sono i territori regionali più “investiti” dai rapporti commerciali con la Libia. Sempre nei primi 9 mesi del 2014, il saldo commerciale della Sardegna si è chiuso a -623,9 miliardi di euro, mentre quello della Sicilia è stato pari a + 494,9 miliardi di euro. Significativo anche il dato della Lombardia: +126,8 miliardi di euro.

Da un punto di vista merceologico, dalla Libia importiamo petrolio e gas (pari, nei primi 9 mesi del 2014, all’89 per cento del totale delle importazioni) ed esportiamo prodotti petroliferi raffinati (pari al 56 per cento del totale dell’export). Le altre voci significative che caratterizzano le nostre vendite nel paese libico sono i macchinari (circa 173 milioni di euro) e gli apparecchi elettrici (poco più di 125 milioni di euro). Ma esportiamo anche alimentari e tabacco per 73,7 milioni di euro, mezzi di trasporto per 60,2 milioni di euro, tessili e abbigliamento per 23,9 milioni di euro.

Vero anche che le imprese nazionali stanno pagando il conto con la guerra in atto. Sono state costrette a sospendere commesse e cantieri. “Siamo stati i primi partner commerciali della Libia, ma ora si sta sfaldando tutto”, sottolinea Alessandro Terzulli, capo economista della Sace, la società pubblica di finanziamento e assicurazione dell’export. Il governo Monti aveva perfino confermato all’inizio del 2012 il controverso accordo firmato a Bengasi da Berlusconi con il colonnello nel 2008, in virtù del quale l’Italia avrebbe finanziato grandi opere per 5 miliardi in vent’anni, purché realizzate da imprese italiane. La situazione ora è precipitata.

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