Albenga. Prima notte a casa per Tomaso Bruno, il ragazzo di Albenga detenuto per cinque anni in India con un ricordo anche per i marò italiani. “Spero che anche la loro complessa vicenda si possa risolvere presto”. Fino all’alba ha festeggiato con gli amici e la famiglia nella casa di via Trieste, a pochi passi dal centro storico albenganese.
“Svegliarsi nel letto della mia camera di casa è stata una sensazione stranissima: finalmente ho dormito su un materasso e circondato dall’affetto della mia famiglia e degli amici che hanno dormito qui. Sono andato via come un giovane con tanti dubbi, sono tornato a casa come uomo con qualche dubbio e molte certezze che sono la mia famiglia, i miei amici e la gente che mi vuole bene. Albenga è stata meravigliosa con me come lo sono stati gli italiani che hanno seguito la mia vicenda anche venendomi a trovare in carcere”.
Tomaso racconta i suoi trascorsi nel District Jail di Varanasi: “Il mio letto? Erano delle coperte buttate lì per terra come materasso“. Come era la giornata tipo all’interno del carcere di Varanasi? “Mi alzavo alle 5, facevo colazione e quindi conversazione e giocavo a cricket con gli altri detenuti. Leggevo i giornali e cercavo di capire una lingua per me sconosciuta. Alle 22, dopo la cena, andavo a dormire nella speranza di uscire da questa prigione. Con Elisabetta mi incontravo solo il sabato e non abbiamo mai avuto altri contatti durante la settimana. Ciò non era possibile. Non eravamo in vacanza, eravamo in un carcere“.
Tomaso ricorda anche chi erano i suoi compagni di cella. “In realtà era una grande camerata dove vivevo insieme ad altri 130 detenuti: c’era davvero di tutto. Rapinatori, assassini, ladri, truffatori. Mi hanno rispettato tutti come io rispettavo loro. Ho sofferto tantissimo, ma sapevo che alla fine la verità sarebbe venuta a galla. Il nostro amico è morto per un malore. Non ho mai perso la speranza di tornare a casa. Ora, finalmente sono nella mia camera da letto e vivo davvero da uomo libero”.
Tommy tornerà in India. “Tutto sommato – dice – laggiù ho lasciato anche delle persone a me molto care: l’ambasciatore Daniele Mancini arriverà in Italia per un nuovo importante incarico, ma in India ci sono Marco Zolli e i collaboratori del Centro risorse indiane, persone che hanno aiutato me e la mia famiglia. Non li voglio dimenticare per nessuna cosa al mondo”.
Tommy ha imparato l’hindi. “Una lingua difficile e complessa, ma dopo un po’ l‘ho imparata e mi è servita per poter comunicare con gli altri detenuti e quindi farmi capire anche dalle altre guardie carcerarie. la vita vissuta in carcere è stata un’esperienza che mi ha profondamente segnato perché non la auguro davvero a nessuno, ma devo anche dire che mi ha anche fatto crescere tantissimo”.