Cronaca

Paziente morì dopo ricovero in Rsa a Varazze: due medici a giudizio, processo a marzo

tribunale Savona

Savona. Entrerà nel vivo il prossimo 19 marzo, con l’audizione dei primi testimoni, il processo che vede a giudizio due medici per la morte di una settentenne dopo il ricovero nella struttura “La Villa” di Varazze.

A giudizio con l’accusa di omicidio colposo ci sono il direttore sanitario, G.T., e uno dei medici, E.C., della struttura. Per un secondo medico, D.N., specialista in endocrinologia, era stata pronunciata in udienza preliminare una sentenza di non luogo a procedere “per non aver commesso il fatto”.

Il caso risale al settembre del 2012 quando una signora di 73 anni, Caterina Araco, si era rotta un ginocchio ed era stata ricoverata all’ospedale e poi trasferita in una residenza protetta per terminare la degenza. La paziente era morta però due settimane dopo, il 14 settembre del 2012, quando erano trascorsi sette giorni dal suo ingresso ne la “La Villa”. I famigliari della donna avevano presentato un esposto-denuncia che aveva portato la Procura ad aprire un’indagine per omicidio colposo.

I medici della rsa varazzina, secondo l’accusa, in concorso e con ruoli diversi, somministrando una terapia errata, avrebbero causato la morte della paziente, che soffriva di diabete mellito di tipo 2. In particolare, come stabilito dall’autopsia e dalla successiva perizia medico legale, la signora era morta per uno “shock da bassa portata”, dovuto ad un sovradosaggio del farmaco “metformina” che avrebbe portato ad una “grave acidosi metabolica lattacidemica” unita ad una “insufficienza renale acuta”. Una complicanza che, per il sostituto procuratore Giovanni Battista Ferro, era intervenuta perché i sanitari della struttura non avevano modificato la terapia davanti ad alcuni sintomi della signora che avrebbero dovuto (sempre secondo l’accusa) fargli modificare la posologia del farmaco antidiabete.

Caterina Araco, entrata nella Rsa in “discrete condizioni” (con la prescrizione di indossare una ginocchiera rigida per 25 giorni e di perdere peso), fin dall’ingresso nella struttura, il 7 settembre del 2012, non si sarebbe alimentata regolarmente ed era in condizioni di accertata insufficienza renale (come rilevato all’inizio della degenza all’Ospedale San Paolo di Savona). Nonostante il perdurare della sua condizione ed il presentarsi di nuovi sintomi (tra cui prurito, nausea e un dolore toracico), i medici – sempre secondo il pm – avrebbero proseguito a pieno regime la terapia con metformina non diagnosticando lo “scompenso renale” e un inizio di “acidosi metabolica”. Un disturbo che, se diagnosticato, avrebbe dovuto prevedere (come indicano le linee guida all’interno del foglietto illustrativo del farmaco), una sospensione della somministrazione. Le condizioni della paziente erano via via peggiorate fino a quando, la sera del 14 settembre, non era stato necessario un ricovero urgente al San Paolo dove, nonostante i tentativi di rianimarla, la donna era deceduta.

Il pm Ferro aveva chiesto il rinvio a giudizio per tutti e tre i medici (assistiti dall’avvocato Franco Aglietto), ma il gip Fois aveva deciso di prosciogliere D.N., il medico che visitò la paziente il giorno del ricovero d’urgenza al San Paolo. Secondo il giudice infatti, in quella fase, la sua posizione era ininfluente visto che le condizioni della donna erano già compromesse. Nel processo i famigliari della signora Araco si sono costituiti parte civile con l’assistenza dell’avvocato Giovanni Maglione.

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