La vittoria di Coldiretti: la percentuale di succo di frutta nelle bevande analcoliche passa dal 12% al 20%

succo di frutta

Liguria. L’aranciata non sarà più “senza” arance: Coldiretti vince la battaglia del succo di frutta che, grazie all’emendamento del Pd alla legge comunitaria sull’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari, passa dal 12% al 20% nelle bevande analcoliche, in particolare quelle gassate, con conseguenze positive sulla salute del consumatore e sul settore frutticolo italiano.

Percentuale che si traduce in duecento milioni di chili di arance e in milioni di chili di altra frutta in più che ogni anno saranno “bevute” dai 23 milioni di italiani consumatori di questo tipo di prodotto. “Coldiretti Liguria – spiega Germano Gadina, presidente dell’associazione regionale di categoria – ha sostenuto questa battaglia nazionale, portata avanti solo dalla nostra associazione di categoria: abbiamo presentato alla Regione Liguria una proposta di condivisione della richiesta di innalzare al 20% la percentuale di succo di frutta nelle bevande. La proposta è stata accolta e sostenuta dall’amministrazione regionale, che ha così condiviso il nostro intento di tutelare il prodotto agroalimentare italiano e, in particolare, quello ligure, anche se con un peso non particolarmente incisivo nel settore frutticolo nazionale”.

Sono circa 4,7 mila i quintali di agrumi made in Liguria (di cui 1,7 mila quintali di limoni e 1,6 mila di arance), a cui si aggiungono anche i 14,6 mila quintali di pesche e i 7,6 mila quintali di albicocche (particolarmente apprezzata quella di Valleggia) tra i principali prodotti della nostra regione. Provengono quasi tutti dal Ponente, dove sono attive circa 300 imprese frutticole.

La decisione di portare al 20% il quantitativo di frutta nelle bevande non solo migliorerà concretamente la qualità dell’alimentazione e contribuirà a ridurre, nel lungo periodo, le spese sanitarie dovute alle malattie connesse all’obesità. Ma avrà anche un notevole impatto economico sulle circa 60 mila imprese italiane impegnate nella produzione di agrumi, i principali interessati: l’aumento della percentuale di frutta nelle bibite potrebbe salvare oltre diecimila ettari di agrumeti italiani, situati soprattutto in regioni come la Sicilia e la Calabria, con una estensione equivalente a circa ventimila campi da calcio. “Si tratta di un’importante vittoria che pone il territorio e la produzione made in Italy davanti ai benefici della grande produzione industriale”, conclude Gadina.

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