Boom di donazioni del cordone ombelicale a Savona e Pietra: il 43% delle mamme ha favorito i trapianti di staminali

Savona. Il 43 % delle mamme che nell’ultimo anno ha partorito negli ospedali dell’Asl 2 Savonese ha chiesto di donare il cordone ombelicale. Il dato arriva proprio dall’azienda sanitaria locale che, entrando nello specifico dei numeri, fa sapere che “nel 2013 sono state 703 le mamme, su 1617 parti registrati nei Punti nascita di Savona e Pietra Ligure, che si sono sottoposte alla visita d’idoneità presso le Strutture Trasfusionali del San Paolo e del Santa Corona, per donare il sangue cordonale, a scopo solidaristico, al momento del parto”.

“Di queste 633 sono risultate idonee e, complessivamente, sono state 227 le unità di sangue cordonale inviate alla Liguria Cord Blood Bank dell’Ospedale San Martino di Genova. Gli elevati standard qualitativi cui devono corrispondere le unità cordonali ne hanno permesso la conservazione solamente di 19, ma altre 68 sono state considerate comunque valide per essere avviate alla ricerca. Con questi numeri, nell’anno 2013, le Strutture di Ostetricia e Ginecologia i Servizi Trasfusionali dell’Asl 2 Savonese si pongono al primo posto in Liguria per entità della raccolta di sangue placentare avendo registrato l’adesione di oltre il 26% di tutte le mamme (in Liguria sono state 2651)” spiegano dall’Asl.

“Il sangue placentare contiene cellule staminali emopoietiche. Numerosi studi e sperimentazioni hanno confermato la possibilità di utilizzare il sangue prelevato dal cordone ombelicale come fonte alternativa di staminali emopoietiche a scopo di trapianto.- spiega il Dott. Andrea Tomasini, Direttore della Struttura Complessa Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell’Asl 2 Savonese -. Il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche da sangue del cordone ombelicale, in campo terapeutico si è rivelato prezioso per la cura di diverse malattie quali: leucemie, linfomi, talassemie e alcune gravi carenze del sistema immunitario”.

Le donne interessate alla donazione del sangue del cordone ombelicale possono rivolgersi al reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale in cui partoriranno per manifestare la propria volontà alla donazione. L’unità di sangue cordonale, dopo la raccolta, è inviata alla banca, dove è sottoposta a una serie di controlli per verificare l’idoneità alla conservazione e definire le caratteristiche immunologiche per l’analisi della compatibilità donatore ricevente.

“Il termine cellule staminali emopoietiche si riferisce ad una popolazione cellulare in grado di dare origine agli elementi del sangue: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Queste cellule sono in grado di rigenerare il midollo osseo nei casi in cui è stato danneggiato in seguito a patologie come aplasie midollari, esposizione a radiazioni ionizzanti o a trattamenti chemio e/o radioterapici per la terapia di patologie tumorali – spiega il Dott. Tomasini -. La difficoltà di reperire un donatore compatibile per alcuni pazienti o la necessità di un intervento terapeutico rapido hanno condotto alla ricerca di fonti di cellule staminali emopoietiche alternative al midollo. Le cellule staminali cordonali sono perfettamente in grado di ricostituire un midollo osseo dopo la sua distruzione in seguito a trattamento radio-chemioterapico”.

“Il primo trapianto di staminali emopoietiche ottenute da sangue cordonale fu realizzato nel 1988 in Francia. A oggi sono stati eseguiti oltre 10.000 trapianti con cellule staminali da cordone ombelicale, di cui quasi 700 in Italia, con gli stessi risultati di quelli ottenuti con cellule staminali da midollo. Il sangue cordonale raccolto subito dopo il parto contiene cellule staminali con relativa immaturità immunologia il cui utilizzo spesso permette di superare, le tradizionali barriere di compatibilità consentendo di portare a termine il trapianto anche tra soggetti non perfettamente compatibili, come invece è necessario per le staminali emopoietiche da adulto”.

“Va anche segnalata, per completezza, la richiesta delle cosiddette ‘donazioni autologhe’: si tratta di un fenomeno limitato che ha preso campo da alcuni anni e che viene pubblicizzato, indipendentemente dall’esistenza di condizioni patologiche in atto o potenziali, come si trattasse di una ‘assicurazione biologica’ per il neonato. Tale attività, e i presupposti che la muovono, non solo non rispondono ai principi di efficacia e di appropriatezza, ma aprono importanti problemi etici. Infatti, non esistono evidenze scientifiche che giustificano una conservazione puramente autologa. Diversa è la situazione qualora vi sia un familiare (generalmente un fratello o una sorella) già affetto da una patologia curabile con un trapianto allogenico (e in questo caso si parla di donazione dedicata): è evidente come in tal caso la conservazione è pienamente giustificata” conclude Tomasini.

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