Da Legacoop e Faggio un progetto “svuotacarceri”: strutture riabilitative diffuse sul territorio

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Liguria. Lo hanno battezzato “Giù le sbarre”: è un’iniziativa di Legacoop Liguria e della Cooperativa sociale Il Faggio di Savona, e ha per obiettivo quello di risolvere il problema del sovraffollamento penitenziario mediante la realizzazione in via sperimentale di strutture riabilitative diffuse sul territorio.

Offrire un’alternativa al carcere, permettendo un vero processo di recupero dei detenuti, come scritto nella Costituzione: tutto ciò è però spesso un’utopia, soprattutto per colpa di un sistema carcerario sempre sull’orlo del collasso. La Liguria non fa eccezione e anzi lamenta numeri allarmanti: nella nostra regione i detenuti presenti sono 1.666, a fronte di una capienza regolamentare di 1.108, con un sovraffollamento quantificabile in 558 unità. Pertanto se a livello nazionale gli istituti di pena sono soggetti ad un sovraffollamento pari al 28,79%, in Liguria la percentuale sale al 50,36%.

“Assistiamo – spiega Gianluigi Granero, presidente di Legacoop Liguria – ad una vera emergenza nelle carceri italiane, talmente superaffollate da non consentire spesso quel percorso di riabilitazione sociale e di reintegro nella società che la nostra Costituzione prevede. Sia il parlamento con la commissione giustizia, sia il ministro hanno indicato un percorso di superamento dell’attuale modello e della sua modernizzazione. Noi come cooperative siamo presenti all’interno di molte carceri e pensiamo di poter dare il nostro contributo. Si tratta di un percorso di discussione e confronto: tra un mese ci sarà un convegno tra gli esperti del settore, intanto vogliamo cominciare attraverso un blog a raccogliere le tante esperienze che ci sono in tutta Italia”.

“Abbiamo iniziato – spiega Antonio Bonjean, prtesidente della coop Il Faggio – partendo da esperienze già vissute, sia nella integrazione di persone in pene alternative, sia perché le nostre strutture psichiatriche già ospitano persone provenienti dagli ex manicomi giudiziari. Tenendo conto che la popolazione carceraria è costitutita da persone che hanno forme di fragilità, noi riteniamo di avere la consapevolezza di saper come agire”.

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