Cronaca

Treni soppressi, ritardi e pendolari senza più convogli per andare al lavoro: i disagi viaggiano su rotaia

stazione, pendolari

Liguria. Un’altra giornata da crisi di nervi per molti pendolari del Savonese. Un guasto ad un convoglio ha infatti causato una serie di ritardi a catena che, questa mattina, ha mandato il tilt la tratta Ventimiglia-Genova.

Il tutto parte dal confine: a subire il guasto è infatti il treno che parte da Ventimiglia alle 5,15 e che rimane quindi fermo sulle rotaie. Di qui l’accumulo di ritardi che ha causato non pochi grattacapo a coloro che viaggiano sui binari per raggiungere il proprio luogo di lavoro. A rendere la situazione ancora più confusa è la scarsa o scorretta informazione nelle stazioni e online che fa gridare allo scandalo molti pendolari che si sfogano su Facebook: “Il mio treno non è stato più annunciato. Dalla ricerca figura a Bordighera fermo con 58 minuti di anticipo!”.

Ma non c’è limite al peggio: se infatti la maggior parte dei pendolari sembra recarsi ogni mattina in stazione incrociando le dita per scongiurare contrattempi, c’è addirittura chi vi arriva senza vedere nemmeno il fantasma del proprio treno. E’ il caso del signor Danilo che si ritrova nel bel mezzo dei tagli che riguardano i convogli tra Liguria e Piemonte.

“Questa mattina, rassicurato da quanto affermato dalle notizie di questi giorni relative al fatto che non ci sarebbe stato alcun taglio nei confronti dei pendolari, mi sono ritrovato senza treni per andare a Ferrania e Bragno – denuncia – Io parto da Savona e sono diretto a Ferrania, insieme ad altri due ragazzi, mentre un’altra ventina di persone è diretta a Bragno”.

Spiega Danilo: “Di solito avevamo un treno – l’unico ad essere precisi – che partiva da Savona alle 7.33 diretto ad Alessandria che, prima di arrivare a San Giuseppe, si fermava anche a Santuario, Ferrania e Bragno. Al ritorno avevamo il 4211 che partiva da Torino Porta Nuova, diretto a savona, che passava per Ferrania alle 17.37. Ora per andare al lavoro non ho proprio più treni! Dovrei andare fino a San Giuseppe e poi farmi venire a prendere da qualche collega o farmi 6-10 km a piedi!”.

E non basta, perché oltre il danno c’è la beffa: Danilo ha pagato infatti i 43 euro del suo abbonamento mensile per la tratta necessaria ad andare al lavoro e, quando ha chiesto il rimborso visto che non potrà più usufruire del servizio, ha avuto un’amara sorpresa: “Mi hanno risposto che non me lo avrebbero fatto, che al massimo me lo avrebbero convertito come abbonamento fino a San Giuseppe pagando la differenza! Cioè non solo mi creano un disagio mostruoso, togliendomi gli unici treni per andare al lavoro e spedendomi in un’altra stazione, ma vogliono pure altri soldi! Ma fino a questo punto ci dobbiamo far prendere in giro? Ma si stanno approfittando della disperazione della gente che pur di mantenere un lavoro è disposta a tutto? E poi si lamentano dei disagi dei forconi: Trenitalia ne causa il triplo e sono pure pagati da noi”.

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