Politica

Riapertura della caccia, le associazioni ambientaliste replicano all’assessore Briano: “Una castroneria giuridica”

alimentatore automatico con temporizzatore

Liguria. Nei giorni scorsi l’assessore regionale Renata Briano è intervenuta in merito alla questione della caccia, affermando la possibilità di richiedere danni alle associazioni che, con i loro ricorsi, ne avevano provocato la sospensione.

Le sezioni liguri di WWF, Lega Abolizione Caccia e Verdi Ambiente e Società, con una dichiarazione congiunta, sostengono come l’argomento agricoltura e cinghiali sia stato “usato strumentalmente dalla Regione come paravento per coprire altre irregolarità”.

“Rivolgersi alla magistratura perché si valutino eventuali abusi o irregolarità della pubblica amministrazione – proseguono – è un diritto costituzionalmente garantito, per cui non spaventano le scomposte dichiarazioni dell’assessore regionale alla caccia Renata Briano, che adombra la ridicola possibilità di richiedere non meglio precisati danni ad associazioni ricorrenti: una castroneria giuridica”.

“La Regione Liguria è la prima responsabile dell’impasse che ha portato alle due precedenti sospensioni del calendario venatorio per la stagione 2013/14 – sottolineano le associazioni ambientaliste -. L’Ispra, in un articolato parere di sette pagine reso il 22 aprile scorso all’amministrazione regionale, formulava una serie puntuale di rilievi in materia di pressione venatoria sulle specie selvatiche migratrici, come al solito eluse dall’assessorato caccia”.

“Venivano criticate dall’Ispra, ad esempio – rimarcano -, le date di chiusura della caccia a tordi e beccacce troppo dilatate sino a fine gennaio, l’eccessivo disturbo ai selvatici nel mese di agosto provocato dall’allenamento dei cani da caccia prima della apertura della stagione venatoria, i periodi di caccia al colombaccio e agli uccelli acquatici, le deroghe che aggiungono altre due giornate di caccia settimanali (oltre alle canoniche tre settimanali) nei mesi di ottobre e novembre, e i problemi di tossicità nella cottura di carni di ungulati contenenti minuscoli frammenti di piombo di munizioni, da sostituire con quelle ‘monolitiche’ in rame o altri metalli atossici”.

Solo questi argomenti sono stati l’oggetto del ricorso delle associazioni WWF, LAC e VAS (Verdi Ambiente e Società); la Regione, pur non di effettuare alcuni ritocchi alla propria delibera, ha preferito rischiare la sospensiva dell’intero provvedimento, e così è accaduto lo scorso 15 ottobre.

“Ricordiamo inoltre – aggiungono le associazioni ambientaliste – che il prossimo 26 novembre il Consiglio di Stato non è chiamato ad emettere una sentenza di merito, come erroneamente dichiarato in televisione e sulla stampa dall’assessore Briano, ma a pronunciarsi solo in fase cautelare con una ordinanza dell’intero collegio, dopo lo stop cautelare urgente fissato in forma monocratica da un singolo magistrato”.

“L’argomento agricoltura e cinghiali, tuttavia, continua ad essere usato strumentalmente da vari politici regionali come paravento per coprire altre irregolarità – dicono -. In primo luogo, la caccia al cinghiale, di per sé, non figura tra i punti del ricorso ambientalista”

“Il cinghiale, oltretutto – proseguono WWF, LAC e VAS -, è stato reinserito in Liguria, a fini venatori, in provincia di Savona tra il 1967 e il 1974 da parte di associazioni venatorie e circoli locali con il placet delle pubbliche amministrazioni; da qui poi la sua espansione demografica nelle province confinanti. Altri lanci di cinghiale erano stati effettuati dal mondo venatorio in Provincia di Genova nei primi anni ’70 (pubblicazione della Regione Liguria: ‘Analisi faunistico-venatoria ed ecologica della regione Liguria’, prof. Emilio Balletto, Istituto di Zoologia Università di Genova, 1977)”.

“Terzo punto – dichiarano -: da anni le associazioni ambientaliste richiedono, invano, alla Regione di vietare in modo totale i foraggiamenti dei cinghiali in primavera-estate, praticati nei boschi dalle squadre di cacciatori, per trattenere gli esemplari nella propria zona operativa”.

“Quarto punto: l’aumento della specie è favorito implicitamente anche dai regolamenti regionali e provinciali, che assegnano in modo esclusivo i territori di caccia a squadre di cacciatori che non hanno interesse a diminuirne in modo drastico la consistenza, per garantirsi le cacce dell’anno successivo; non a caso in varie province di norma si caccia il cinghiale solo due giorni la settimana, ossia – evidenziano – si tratta della specie che ha il minor numero di giornate di caccia in assoluto”.

Quinto punto rilevato dalle associazioni ambientaliste è come “per anni in Liguria la caccia al cinghiale abbia avuto inizio a partire dall’1 novembre, anche per ragioni di sicurezza dei cacciatori stessi e degli escursionisti, connessi all’assenza della copertura fogliare degli alberi”.

Per concludere: “le stesse squadre di cacciatori si oppongono all’utilizzo più diffuso di gabbie di cattura nei terreni agricoli, vedendo questa tecnica come una sorta di sottrazione di ‘proprie’ prede”.

“Ricordiamo infine, circa il nuovo obbligo di utilizzare ‘palle monolitiche’ in rame o leghe di rame/zinco per la caccia al cinghiale – rammentano WWF, LAC e VAS -, che lo scorso 23 agosto la Regione Liguria è stata condannata in via definitiva con sentenza di merito numero 1130 del Tar Liguria, circa il calendario venatorio della passata stagione 2012/13, per aver eluso i pareri scientifici circa i periodi di caccia alla piccola selvaggina, e perché il calendario dello scorso anno ‘non prevedeva un divieto di utilizzo di munizioni contenenti piombo per la caccia agli ungulati'”.

Nella foto: uno degli alimentatori automatici, con temporizzatore, acquistato da uno degli Ambiti Territoriali di Caccia di Genova.

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