Cronaca

Loano-Albenga, 65 anni dall’affondamento del barcone “Anna Maria”: morirono 44 bambini

lutto

Ponente. E’ stata una delle catastrofi più crudeli e toccanti della storia savonese e ligure: sessantacinque anni fa, durante una gita all’isola Gallinara, persero la vita annegando 44 bambini, tutti di età dai quattro agli otto anni, orfani di guerra o di partigiani e per questo ospiti dell’allora Colonia della Solidarietà Nazionale di Loano. Con loro morirono anche quattro donne. Il 16 luglio ricorrerà la data del terribile anniversario.

Era un martedì di luglio del 1947. Ne ricostruisce la memoria Luigi Giordano: “Ottantaquattro bambini della Colonia della Solidarietà Nazionale erano chiamati a svolgere una gita d’istruzione. Il mare era calmo e la giornata azzurra; la motobarca ‘Anna Maria’ si preparava per la gita tanto agognata dai bambini, una gita all’isola Gallinara. Il barcone era lungo nove metri ed era pronto per partire dal porto di Loano costeggiando la costa, passando per Borghetto e Ceriale per arrivare ad Albenga. L’isola era ancora lontana, ma davanti a Regione Burrone i suoi margini si facevano più nitidi”.

“L’imbarcazione viaggiava a circa 60 metri dalla riva, dove il mare era profondo tra i 9 e i 10 metri – prosegue il racconto – La barca era strapiena. Non era certamente omologata per portare quasi novanta persone, di conseguenza rollava vistosamente. All’incirca ore 18, la ‘Anna Maria’ urtò con violenza la chiglia contro un sostegno di ferro sommerso, che faceva da legaccio ad una condotta della fognatura, aprendo così una falla di grosse dimensioni. L’urto fu molto forte. I primi a rendersi conto del pericolo furono i proprietari della barca: i fratelli Podestà, rispettivamente motorista e comandante, ed il bagnino Antonio Giordano. Per il violento urto, il natante sobbalzò, i bimbi si spostarono in massa verso poppa, mentre la barca dalla falla provocata dal palo imbarcava velocemente acqua e si inclinò pericolosamente iniziando ad affondare, e lasciò precipitare i piccoli in mare”.

“La confusione e il panico fecero il resto – aggiunge – Dalle spiagge si tuffarono bagnanti e gente del posto, cercando di rendersi utili in tutti i modi, intanto cominciavano a rendersi conto della drammaticità dell’evento. La voce dell’affondamento del barcone si sparse per Albenga in una frazione di tempo e insieme ai soccorsi arrivò anche la disperazione e il lutto. Alle 19 di quel 16 luglio si contavano 44 bimbi annegati e 4 adulti. Tutta l’Italia si dimostrò solidale. Ma le responsabilità di quel reato sono ancora ora un fantasma”.

“Vanno quietamente – scriveva nel giorno dei funerali Dino Buzzati, che da inviato del Corriere della Sera seguì la tragedia – I 44 bimbi e le quattro donne escono di nuovo nel sole, la folla pare diventata sempre più grande, verso la stazione si fa ancora più densa e dolorante. Trentamila, quarantamila persone? Mai Albenga ne ha viste tante. La straordinaria sfilata si avvia alla fine, la più crudele sventura di questi anni sta terminando la sua cronaca. (…) Sul piazzale della stazione, invisibile perchè parla attraverso un altoparlante, il sindaco di Albenga con nobile semplicità saluta i piccoli che partono definitivamente. Poi parla Parri e la commozione della sua voce esce con strane vibrazioni dall’imbuto metallico. Infine parla il ministro Coppa. Poco dopo vediamo la prima bara, laggiù in fondo, salire la scarpata che porta ai treni. (…) Due carri ferroviari tappezzati interamente di nero sono pronti per loro, uno destinato a Verona, l’altro a Milano”.

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