Cronaca

La “carriera” di Antonio Fameli: da lavascale a faccendiere

Loano. Inconfondibile tra Loano, Borghetto e Ceriale, ma noto in tutto il ponente savonese, Antonio Fameli inizia il suo excursus al Nord nel 1961, quando da Rosarno, la sua città d’origine in provincia di Reggio Calabria, si trasferisce prima a Torino e poi in Liguria.

In provincia di Savona, Fameli arriva nulla tenente e inizia svolgendo alcuni lavori di lava scale nei condomini rivieraschi. In pochi anni costituisce diverse imprese di pulizia e poco dopo si cimenta nell’attività immobiliare acquistando, e in breve tempo, molte delle proprietà che ancora oggi possiede. Come abbia acquisito i capitali agli albori dell’ascesa imprenditoriale rimane ancora oggi per gli inquirenti un mistero.

Sono gli anni Settanta il periodo clou di Antonio Fameli, che riesce a costituire un vero e proprio impero del mattone movimentando notevoli somme di denaro, come ricostruito nel tempo dalle autorità investigative.

Nel 1977 sale alla ribalta del gossip perché, in occasione della prima comunione della figlia Rita, organizza una festa sontuosa alla quale partecipano, tra gli altri, personaggi dello spettacolo come Mike Bongiorno, Iva Zanicchi e Alighiero Noschese. Ma già in quel periodo il faccendiere è destinatario di accertamenti da parte della polizia.

Nel 1980 alcuni colpi d’arma da fuoco raggiungono la vetrata dell’agenzia di Fameli, rischiando di trafiggere il guardiano al momento presente all’interno. Erano tre gli autori del gesto, che verranno poi arrestati e negheranno gli addebiti.

Il 21 dicembre 1983 Antonio Fameli viene arrestato dai carabinieri per associazione a delinquere di stampo mafioso, su ordine di cattura emesso dalla Procura di Palmi. Nello stesso momento iniziano gli approfondimenti investigativi sul consistente assetto patrimoniale del faccendiere. A maggio dell’anno successivo gli vengono concessi gli arresti domiciliari.

E’ in quel momento che inizia ad emergere la rete di contatti “eccellenti” intessuti da Fameli, una rete ricostruita dagli investigatori della Questura di Savona. Negli anni Ottanta, infatti, l’imprenditore calabrese vantava contatti tra personalità con una certa posizione sociale, amministratori pubblici, magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine. Aveva per esempio alle sue dipendenze un ex pretore, un capitano dei carabinieri in congedo, un tenente colonnello in pensione.

Sempre secondo le fonti investigative di allora, Fameli avrebbe fatto parte della massoneria, della loggia “Acacia” di Albenga nello specifico, perfino mantenendo legami con logge massoniche di altre province e coltivando l’amicizia con il suo medico curante, noto massone ingauno.

Nel giugno del 1986 la Corte d’Assise di Palmi condanna Antonio Fameli alla pena dell’ergastolo per associazione mafiosa e in particolare perché ritenuto mandante dell’omicidio di Sebastiano Lamalfa, sentenza confermata in appella e poi annullata dalla Cassazione.

Considerato “molto vicino” al clan dei Piromalli, nel 1987 l’allora procuratore Michele Russo scrive: “Risulta dimostrata la stretta amicizia di Fameli con il clan dei Pesce implicati nell’omicidio di Lamalfa. E non è escluso che sia stato l’appoggio (se non altro economico) di Fameli nell’efferata eliminazione dei Tripodi ad opera dei Piromalli, avvenuta in Liguria, proprio a pochi chilometri da Loano e Borghetto, dove i Piromalli potevano far capo oltre che ai Pesce e Gullace, anche a tale Antonio Garruzzo, collegato ad Antonio Fameli. Tutti individui (Piromalli, Gullace, Tripodi, Garruzzo) inquisiti o condannati per il delitto di associazione mafiosa”.

Nel 1992 il tribunale di Savona lo sottopone alla misura della sorveglianza speciale della durata di quattro anni. Due anni dopo, però, il faccendiere si rende irreperibile (forse consapevole di un nuovo mandato di cattura in arrivo) e inizia di fatto il suo periodo di latitanza.

Una latitanza che comunque dura poco, visto che nel luglio del 2004 la sorveglianza speciale viene ridotta all’obbligo di comunicare gli spostamenti alla polizia giudiziaria. E’ del 2002 una denuncia per favoreggiamento della permanenza illegale di stranieri sul territorio italiano.

Nel frattempo Fameli torna in possesso dei suoi beni e ricomincia ad estendere i propri interessi nell’edilizia e nella compravendita degli alloggi. Quindi l’apertura della casa da gioco “Casino Royale” di Loano. E, a 74 anni, l’arresto al centro dell’inchiesta “Carioca” della Procura savonese con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro, falso, trasferimento fraudolento di valori e reati in materia tributaria.

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