Sono Ravenna, Reggio Emilia e Prato le province in cui la pubblica amministrazione è “amica” delle imprese, mentre a Catanzaro, Roma e Campobasso si registra l’ambiente più difficile per metter su un’azienda.
Così risulta dalla classifica stilata dall’Ufficio studi di Confartigianato che, per ciascuna provincia, ha misurato la qualità di alcuni servizi pubblici (dalla possibilità di fare pagamenti on line ai tempi di pagamento della pubblica amministrazione verso le aziende private) necessari per avviare e gestire un’attività imprenditoriale.
Le aree con il contesto più adatto alle attività produttive risultano tutte al Nord, mentre le province con il maggior peso di burocrazia a carico delle aziende sono invece al Centro-Sud.
Gli esempi virtuosi non fanno tuttavia venir meno le preoccupazioni per il costo complessivo della burocrazia a carico delle imprese: secondo Confartigianato, infatti, le aziende dei settori manifatturiero, costruzioni e servizi “bruciano” 16.629 milioni di euro l’anno, pari a circa un punto di Pil, equivalente ad un costo medio per azienda di 12.334 euro. E la quota maggiore di questi oneri, pari al 76,3%, è a carico delle microimprese con meno di dieci dipendenti.
Tutto ciò condanna l’Italia al penultimo posto tra le 30 economie avanzate per la facilità di fare impresa. Solo la Grecia fa peggio. Nella classifica mondiale il nostro Paese occupa la 78° posizione. Evidenziando infine le criticità relative ai tempi d’avvio di una nuova impresa, per i quali l’Italia si colloca al 75° posto nel mondo, Confartigianato fa notare che l’introduzione della Comunicazione Unica dal primo aprile “va nella direzione giusta della semplificazione”, “ma non è sufficiente” e molte delle procedure necessarie rimangono ancora fuori dall’ambito di ComUnica.
“E’ impensabile che un’impresa sia favorita se si trova in provincia di Ravenna e sfavorita se è in provincia di Catanzaro, la concorrenza non è leale perché non dipende dalle capacità ma dalla sorte” sottolinea il presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini che, per equiparare le situazioni, chiede al governo di “dare attuazione concreta al provvedimento contenuto in Finanziaria sulla ‘Segnalazione certificata di inizio di attività’ (Scia), per cui un imprenditore apre un’impresa e poi vengono vengono fatti i controlli”.
A livello mondiale le peggiori performance dell’Italia vanno dalla soluzione giudiziale delle controversie commerciali (156° posto) ai tempi di pagamento di imposte e contributi (136°), dall’assunzione personale (99°) al trasferimento di una proprietà immobiliare (98°), all’accesso al credito (87°) e alla concessione di licenze edilizie (85°).
Per i tempi di avvio di una nuova impresa si colloca al 75° posto, ma nell’ambito delle economie avanzate è appena 21° tra le 27 economie Ocse. Proprio a proposito dei tempi d’avvio d’impresa, Confartigianato ripone speranze nella Segnalazione certificata di inizio attività, che dovrebbe migliorare i risultati ottenuti dalla Comunicazione Unica (dal primo aprile sostituisce le precedenti quattro procedure), ma fa notare che, secondo una propria analisi, resta “ancora elevato” il numero di pratiche da gestire in fase di avvio e “ancora insufficiente” l’utilizzo da parte della pubblica amministrazione delle tecnologie online.
Nei settori della gelateria artigianale, dell’acconciatura e dell’edilizia, ad esempio, rimangono fuori dall’ambito di ComUnica 14 delle 16 procedure necessarie per avviare l’impresa.
L’analisi effetuata sul campo dalle associazioni di Confartigianato evidenzia l’ancora elevato numero di pratiche da gestire in fase di avvio e l’ancora insufficiente utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni di tecnologie on line.
In Italia solo 274 amministrazioni locali su 8.583, pari al 3,2% del totale, offrono servizi web a piena interattività. I Comuni con servizi web a piena interattività sono solo 244 su 8.101 , pari al 3% del totale. Per le Comunità montane la percentuale scende all’1,9%. Puù alta l’offerta di servizi web interattivi per le Province (10,9%) e per le Regioni e Province autonome (54,5%).