La crisi c’è…ma non sulla tavole imbandite a festa degli italiani

Cenone Natale - Capodanno

[thumb:4705:l]La crisi c’è, ma a Natale non si sente nè si vede. Soprattutto sulle tavole imbandite a festa degli italiani.
Secondo il primo bilancio della Cia-Confederazione italiana agricoltori, sono stati spesi poco più di 3,2 miliardi di euro per il cenone della vigilia e per il pranzo del 25 dicembre con una crescita dei consumi alimentari, in quantità, dello 0,5% rispetto al 2008, e in termini monetari dell’1,2%.

In tavola si afferma ancora la tradizione e il ‘made in Italy’ a discapito di prodotti come lo champagne, il salmone, le ostriche, il caviale, la frutta esotica, venduti con il contagocce. La spesa alimentare – secondo le stime della Cia – è stata così ripartita: in 1,1 miliardi di euro per carni e pesce, 630 milioni per primi piatti e per il pane, 500 milioni per dolci (con panettoni e pandori che hanno fatto la parte del leone); 420 milioni per vini e spumanti (per il 94% italiani), 350 milioni per formaggi e salumi (molti dei quali a denominazione di origine) e 210 milioni per frutta fresca o secca.

Nel complesso gli italiani hanno indirizzato i loro acquisti verso prodotti enogastronomici più abbordabili sotto l’aspetto economico. Nella stragrande maggioranza – prosegue la Cia – nazionali e tipici delle feste natalizie. Pochi, quindi, i cibi di fascia alta.

Anche per Coldiretti, la maggioranza delle tavole sono state imbandite con menù a base di prodotti o ingredienti nazionali con una spesa stimata in un miliardo e cento milioni di euro per carni o pesce, 400 milioni per primi piatti e condimenti, 500 milioni per dolci, 300 milioni per vini e spumanti, 200 milioni per salumi e formaggi e 300 milioni per frutta fresca o secca. Per un totale di 2,8 miliardi di euro spesi in cibo e bevande.

Nonostante gli acquisti oculati, come ogni anno, si ripropone però il problema degli avanzi. In tavola resta, infatti, circa un terzo delle portate preparate per la vigilia e per il pranzo di Natale, per un valore – stima sempre Coldiretti – di oltre 900mila euro che rischia di finire nel bidone della spazzatura.

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