Cronaca

Furto all’Ipsia di Savona, parla l’insegnante derubata

Renata Rusca Zargar

[thumb:15422:l]Savona. Nei giorni scorsi tre studenti dell’Ipsia di Savona in via alla Rocca sono stati denunciati dalla polizia per aver rubato soldi ad una professoressa. Per loro il consiglio d’istituto ha deciso una punizione disciplinare. Per una settimana, infatti, sono entrati a scuola mezz’ora prima e ne sono usciti mezz’ora dopo, per dare una mano ai bidelli a pulire le aule.

Sulla questione interviene la diretta interessata, la professoressa Renata Rusca Zargar, per precisare la propria posizione dopo quanto apparso su alcuni media in merito alla vicenda. “Dopo aver letto per due giorni di seguito imprecisioni e anche le calunnie nei miei confronti, mentre tutti sanno che l’insegnante dal presunto ‘pugno di ferro’ di cui non si scrive il nome sono io, devo necessariamente spiegare come siano andati veramente i fatti, per proteggere la mia onorabilità e il serio lavoro che credo di aver fatto nella scuola dal 1975 ad oggi”.

“Insegno al Liceo artistico da nove anni – prosegue Rusca Zargar – e lo scorso anno scolastico, ho preso delle ore che mi sono state date all’Ipsia in una classe seconda e che ho accettato di buon grado. All’inizio delle lezioni, però, mi sono trovata di fronte ad alcuni alunni che, durante le mie spiegazioni, scoreggiavano, ruttavano, bestemmiavano, ridevano e parlavano a voce alta. Non sono sempre stata docente di Liceo, ho insegnato, a suo tempo, felicemente, a Borghetto, quando molti avevano paura ad andarci, e poi dieci anni alla Media Corradini, ritenuta una scuola difficile, sotto la guida della meravigliosa e compianta preside Maura Musso”.

“Ho, dunque, parecchia esperienza e mi sono impegnata su due fronti: sanzionare i comportamenti che non credo adeguati ad un ambiente formativo quale deve essere quello della scuola anche se è professionale, e cercare di operare per dare stimoli e gratificazioni agli alunni che magari hanno scelto tale istituto per imparare dignitosamente un mestiere”.

“Il mercoledì incriminato – spiega – mi trovavo nell’aula computer con tutta la classe (e non divisa, in quanto, giustamente, non si possono lasciare mai gli alunni soli) per proiettare un documentario sulla seconda guerra mondiale. Dato che il documentario si bloccava spesso, avendo lasciato la borsa sul bancone dietro al quale sono posizionate le sedie, mi sono spostata vicino al computer pochi passi più avanti. In quei momenti, davanti a tutta la classe, qualcuno metteva le mani nella borsa, tirava fuori il borsellino, estraeva e divideva il denaro”.

“Mi sono accorta poco dopo della mancanza e la mattina seguente ho informato vicepreside e colleghi (la preside era fuori Savona) della mia intenzione di denunciare il fatto. Mi ero, frattanto, informata in Questura sulle eventuali conseguenze della mia denuncia e mi era stato detto che, trattandosi di minorenni, specialmente se avessero restituito il denaro, non ci sarebbero state poi conseguenze sul certificato penale. Ho creduto, infine, doveroso presentare questa denuncia perché penso che l’insegnante debba dare un segnale di legalità”.

“Ritengo che quando tocca a me – sottolinea l’insegnante – anche se è difficile e doloroso, devo fare il mio dovere di cittadina e di insegnante formatrice di coscienze limpide. Devo dare la mia testimonianza, tanto più importante trattandosi di adolescenti, che si deve combattere apertamente l’illegalità. Non solo: bisogna sfatare l’odio che i giovani provano per la polizia e i carabinieri, bisogna insegnare ad avere fiducia nelle forze dell’ordine che esistono per proteggerci e difenderci, senza le quali non ci sarebbe la società stessa”.

“Il perdono degli alunni? Naturalmente, è già avvenuto da tempo, anche se i genitori non sono mai venuti a parlare con me e persino la preside non mi ha concesso un incontro. Ieri, dell’assemblea alla quale ‘non ho voluto partecipare’ non ne sapevo nulla: ho svolto le prime due ore all’Artistico e mi sono recata all’Ipsia dove avevo le ultime tre ore nella classe seconda. Dovevo interrogare di storia come programmato con gli alunni stessi e, dato che alcuni, tra cui due autori del furterello, non erano preparati, mi hanno chiesto se potevo interrogarli venerdì, cosa subito concessa. Mi hanno mostrato gli articoli dei giornali con tutte le inasettezze, ne abbiamo pacificamente discusso e – conclude – siamo andati a vedere un documentario sul campo di concentramento di Mauthausen, perché il lavoro continua. Spero serenamente”.

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