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Sagra dei Gunbi: il nostralino ritrovato

Su un articolo sulla sagra dei Gunbi di due anni fa, scrivevo: “Sul presto è l’ora giusta per ammirare in tutta tranquillità uno dei borghi più belli e caratteristici della nostra provincia e per assistere al `risveglio’ domenicale della manifestazione. Vedere tutti i volontari (tantissimi) che correvano avanti e indietro per far trovare tutto pronto di lì a momenti e i `vegi che rattellavan’ (litigavano, ma in senso buono) per gli ultimi ritocchi organizzativi, ci ha fatto comprendere quanta passione vi sia ancora in queste sagre”. Ma, terminati i giudizi positivi sul cibo e sull’organizzazione, formulavo critiche sul vino proposto nei vari stand. Lamentavo che il nostralino venduto non rappresentava certo un bel (e soprattutto buono) biglietto da visita.

A seguito di quell’articolo fui contattato da molti responsabili che mi spiegarono l’accaduto: uno dei fornitori principali aveva portato per la manifestazione vino difettato. Non voglio nemmeno entrare nel merito della dinamica di tale conferimento, credendo sempre nella buona fede di ognuno (anche se il produttore, un assaggio delle botti, dovrebbe sempre farlo), ma posso dirvi che gli organizzatori avevano già provveduto a cambiare fornitori. Ed eccoci a quest’anno: solito giro, solita panciata di michettin (pane fritto) e bruschette, solito stufato di asino e la soddisfazione nell’assaggiare il nostralino e nel trovarmi in bocca la sincerità (ovvio anche la schiettezza, anche se stiamo sempre parlando di un uvaggio da tavola senza grandi pretese) di un vino delle nostre terre, semplice ma rinfrescante, che riassume la filosofia dell’enologia ponentina: non avendo grandissimi vitigni, facciamo vino onesto e senza difetti, da bersi leggermente fresco e che possa accompagnare i piatti di pesce e di verdure della nostra tradizione gastronomica.

Proseguendo il tour di assaggi, mi sono ritrovato in un angolino di Toirano sconosciuto ai più, un giardino alberato ove si potevano sfogliare e leggere libri sulla cucina ligure, libri rari e preziosi sulle radici di un popolo tanto fiero di navigatori e contadini e degustare vini della nostra tradizione: vini nostralini, il sempre buono ciliegiolo, e una buona selezione di bianchi. Questo connubio di degustazioni e piacevole lettura mi ha colpito molto, rientra in toto nella filosofia “Slow Food” di conoscere e capire per apprezzare ancora di più cosa mangiamo e beviamo. Se poi pensiamo alla politica come una casta lontana da noi, assaggiare vini con le attente spiegazioni del sindaco in persona, mentre sua moglie (e per la verità tutta la giunta e tutti i consiglieri, sia di maggioranza che di minoranza) si adoperano nei vari stand, ti deve far capire i valori che ancora permeano i piccoli borghi, le piccole comunità delle nostre vallate.

Sono sempre stato innamorato di Toirano e tanto rigore avevo messo nel mio articolo precedente (peraltro suffragato dagli stessi organizzatori), da innamorato un po’ deluso, quanto oggi voglio testimoniare il mio piacere ad aver partecipato ad una delle ultime, vere, sagre di paese. Rinnovo come sempre l’invito a segnalare le altre sagre che rendono onore a questa tradizione che non deve sparire, ma che deve sempre rimanere coerente con i valori di tradizione e qualità.

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