Piano Rifiuti: l’assessore Filippi continua le precisazioni

Cassonetti bidoni rifiuti

[thumb:3481:l]Provincia. “Sono chiamato direttamente in causa da alcuni commenti che ha provocato il mio scritto di lunedì scorso su IVG.it. Al di là di qualche isterismo che mi fa pensare di aver toccato nervi troppo scoperti, gli apprezzamenti, le critiche, le domande sono tutti dovuti e legittimi; ma non è semplice spiegare in poche righe il progetto del Piano Rifiuti, che è costato anni di fatica e di contrasti e che ancor oggi deve essere integrato con ulteriori elementi. Ancor meno semplice è parlare della sua attuazione.

Purtroppo gli interessi in campo sono spesso divergenti: io ho sempre cercato di salvare alcuni principi fondamentali, ma talora ho dovuto arrendermi a pressioni respingendo le quali rischiava di saltare tutto. Ricordiamo che il fantasma dell’inceneritore è sempre lì lì per prendere corpo e quanto si legge quasi ogni giorno ne è la riprova. Qui voglio unicamente dire del Piano nelle sue linee essenziali, così come, con i consulenti (la Scuola Agraria del Parco di Monza, istituto noto a livello europeo, consulente anche di governi), lo abbiamo concepito e redatto.

Il Piano doveva essere ed è uno strumento tecnico: la politica deve dare indicazioni sulle linee portanti, sui principi ispiratori, ma deve astenersi dal voler condizionarlo nella sua elaborazione di dettaglio; purtroppo non è spesso così e nascono quindi i guai. Esso, comunque, è stato costruito per la realtà di Savona e della sua Provincia ed è perciò partito dalla rilevazione di dati oggettivi: quantità di rifiuti prodotti, qualità e composizione degli stessi (sono state fatte ripetute analisi in tempi diversi ed in luoghi diversi), caratteristiche fisiche, urbanistiche, infrastrutturali, sociali, lavorative, turistiche del territorio, impianti presenti e così via. E’ stata inoltre utilizzata la consulenza dell’Istituto Tumori di Genova, per effettuare valutazioni sotto il profilo sanitario, delle diverse tecniche che potevano essere adottate nel trattamento della frazione indifferenziata.

Le problematiche che il Piano ha affrontato sono state quelle che impegnano tutte le società occidentali, quelle cioè ad elevato sviluppo economico (le altre società subiscono le scelte delle prime) e sono essenzialmente le seguenti: eccesso di produzione di rifiuti (in provincia di Savona abbiamo superato le 200.000 tonnellate/anno, in Italia ne produciamo 35 milioni di tonnellate/anno); esasperazione della quantità di imballaggi, grandi e piccoli; eccesso di consumismo, che porta e disfarsi di materiali che potrebbero svolgere ancora una funzione; produzioni anomale di rifiuti, dovute agli incrementi di presenze nella stagione estiva, soprattutto nelle zone a maggior vocazione turistica; e poi, purtroppo e spesso, poca informazione, poco senso civico, poca cultura della differenziazione, poca progettualità.

Prendendo atto della pochezza dei livelli di raccolta differenziata in Liguria ed a Savona e facendo tesoro di esperienze di altre realtà già collaudate e rivelatesi efficaci, è emersa la necessità di propugnare un approccio completamente diverso al problema dei rifiuti. Era cioè indispensabile che non si considerasse più il rifiuto come qualcosa di ingombrante, maleodorante, fastidioso, di cui disfarsi, ma come la sommatoria di materiali diversi che, se separati con criteri già ampiamente applicati, possono essere riutilizzati e diventare “materie prime seconde”, “materiali post-consumo”, in grado di svolgere ancora un ruolo utile.

Sono concetti semplici, che in tanti luoghi fanno ormai parte del comune modo di pensare, concetti che segnano un superiore livello di cultura e di civiltà. Ma, sebbene siano idee e meccanismi che portano a risparmiare materie prime, a ridurre i consumi energetici, a limitare l’impatto sull’ambiente, a tutelare il decoro urbano, a ridurre le discariche ad una funzione più limitata e residuale, spesso da noi faticano a trovare spazio. Le obiezioni che ho letto circa le discariche in parte sono valide, ma ci sono decisioni che vanno mediate e prese collegialmente.

Partendo da queste premesse, i criteri e gli obiettivi fondamentali del Piano e che ora, alla faccia di chi crede di fare come vuole, impegnano l’azione della Provincia e dei Comuni sono risultati i seguenti:
ridurre, il più possibile i rifiuti alla fonte, a cominciare da accordi con la grande distribuzione, da modi diversi di fare la spesa, dal riuso di determinati contenitori e così via; favorire il compostaggio domestico in tutte le situazioni che lo consentono; raccogliere per via differenziata, e, ovunque possibile, con il metodo del “porta a porta”, le categorie merceologiche più significative del complesso dei rifiuti: la frazione umida (scarti di cucina, sfalci, potature), il vetro, la plastica, la carta, i metalli; conferire l’umido ad impianti per la produzione di compost industriale: un impianto sta per entrare in funzione a Villanova di Albenga, uno è in progetto presso la discarica di Vado Ligure; umido a parte, attraverso il CONAI ed i Consorzi di Filiera avviare al riutilizzo i materiali raccolti per via differenziata. Se le diverse frazioni (carta, plastica, vetro…) sono raccolte in modo corretto, senza eccessi di impurezze, i Consorzi pagano i Comuni per acquisirle; oggi ciò non avviene che in misura ridottissima perché la differenziazione con cassonetti stradali fornisce il più delle volte materiali contaminati, con elevati costi di smaltimento; ridurre quindi l’acquisto di materie prime dall’estero ed il consumo di energia.

Al momento della sua elaborazione, inoltre, il Piano prevedeva che la residua frazione indifferenziata fosse avviata alla produzione di CDR, (combustibile derivato da rifiuto), che, pur essendo destinato al recupero energetico, è ben lontano, per qualità e quantità, dal produrre gli effetti dei fumi di un inceneritore. Purtroppo oggi il mercato del CDR è incerto e non conveniente: con l’aiuto di una specifica commissione di cui ha fatto parte anche un docente del Politecnico di Torino, è stata allora elaborata una proposta integrativa che fa riferimento alla “gassificazione”.

E’ un processo assai meno impattante dell’incenerimento, adottabile per quantità di materiali congruenti con quelle della Provincia di Savona, con costi di costruzione e di gestione notevolmente inferiori a quelli di un inceneritore. Sulla sua validità ho avuto pareri positivi anche da ENEA e da Ansaldo Energia.

E’ il processo che oggi, tra mille difficoltà, contrasti e, talora, ostruzionismi, cerco di introdurre nel Piano, sempre che le attuali vicende dell’Amministrazione Provinciale me lo permettano. So bene che ho appena affrontato il discorso sul Piano Rifiuti, ma la questione è complessa e non posso abusare più di tanto dell’ospitalità concessami”.

Giampietro Filippi,
Assessore ai rifiuti della Provincia di Savona

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